Rocco Catalano è stato per trenta anni l’ombra e il fedelissimo assistente tuttofare di Renato Guttuso. Pescatore di Scilla, Renato lo conobbe nel 1950 quando soggiornò a lungo nella cittadina calabrese, traendone dipinti sulla pesca del pesce spada, avvolgenti notturni marini, profili di scogliere, di mare agitato, di foschi notturni…
Durante la loro vacanza Mimise e Renato incontrarono Rocco e rimasero entusiasti della sua spontaneità, dalla sua tipica bellezza di meridionale. Era bruno, alto e diritto come un fuso, aveva sopracciglia ben disegnate, un volto che sembrava inciso nel granito. Renato e Mimise che lo vollero accanto a loro a Roma. Per i primi tempi Renato gli trovò un lavoro in qualche posto. Poi, appena possibile, lo vollero con loro in casa.
Rocco, con sua moglie Lidia, è stata la persona più vicina a Renato. Se Renato era don Chischiotte, lui era Sancho Panza. Morì nel 1981, per un tumore. Custodiva tanti segreti più intimi della vita di Renato Guttuso. Gli fece da modello in più occasioni per rappresentare contadini, muratori riuniti in discussione, ed altri tipi di facce ‘popolari’ che corrispondevano alla intenzione figurativa di Guttuso. Si esprimeva in breve, per succinte locuzioni, con sorrisi ammiccanti e una voce calda e baritonale che tracimava in italiano la ‘parrata calabrisi’ delle sue parti marinare.
Lo ho conosciuto molto bene. Era gentile e affettuoso. Inutile dire che ai suoi occhi Renato era la luce che rappresentava con la pittura la sua viva ‘fede ideologica’: l’attaccamento al PCI, simbolo di riscatto sociale, e soprattutto alla ingenua e mitizzata rappresentazione dell’ URSS, l’ indiscutibile ‘paese del socialismo’. Caro vecchio Rocco, fin che la pittura di Guttuso resisterà al tempo che passa, così anche la tua immagine non cambierà colore.