Il professore di Vienna e l’angelo nero

 

La Secessione gli sta stretta. Ghirigori, quadretti e zigzag sono un’inutile perdita di tempo. Le vecchiette che ricamano perline sono le stesse che si inginocchiano davanti alla Madonna. Lui le rispetta e, quando le incrocia, si tocca il cappello. Ma l’Architettura è altro, non è Artigianato, non è Arte, è una religione della proporzione.

Adolf Loos è un signore borghese, e il buon gusto per lui è soprattutto questo: senso della misura.
Rispolvera Vitruvio e Palladio. Il segreto della bellezza non è che una semplice operazione, la moltiplicazione della base per l’altezza. Il Raumplan è un cruciverba spaziale. Disegna edifici di nuda austerità che sembrano cappotti di ineguagliabile precisione sartoriale.

L’incontro a Parigi con Josephine Baker è la vertigine della sproporzione. L’esotismo che vale l’abiura. Il professore di Vienna e l’angelo nero, dalle gambe troppo lunghe e i capelli alla maschietta. Adolf Loos disegna per la vedette una casa fasciata di bianco e di nero come un abito da Tabarin. L’alternanza cromatica ha il ritmo del ragtime. Le superfici si curvano per effetto di una carezza. La casa non sarà mai realizzata. Il progetto è un sogno, forse un sogno d’amore.

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