Il ritorno a casa

Ci sono giorni così. Giorni che paiono chiamarti. Giorni che uniscono passato e futuro. Ma, come necessario ponte, serve inevitabilmente il presente.
Ed allora col freddo di un sabato mattina novembrino vai a Villafalletto, paesino cuneese contornato dai campi. Sono le nove, entri in un piccolo cimitero. Piccolo, eppure grande.
Tanto grande da ospitare la tomba di Bartolomeo Vanzetti, che qui chiamano ancora Trômlin, ossia la traduzione piemontese di quel nome.
Il custode del cimitero ti indica la strada verso la tomba di uno degli anarchici più famosi di sempre. Ma lo fa in piemontese. Eccolo qua il filo, rigorosamente rosso, che lega passato e futuro. Un dialetto che pare piccolo. Eppure che, con quella voce flebile, ha lasciato la piccola caffetteria, e gli altrettanti minuscoli terreni familiari, per cercare la fortuna in America, come si diceva allora.
Ma ti ritrovi con l’indice puntato addosso, sei uno straniero, per lo più amante delle letture di Marx, Darwin, Hugo, Zola. L’amicizia con Nicola Sacco, l’ingiusta condanna, nell’agosto del 1927 per un omicidio mai compiuto, la riabilitazione cinquant’anni dopo.
Ma, nel frattempo, la certezza di essere nel giusto e, soprattutto, il ritorno a casa, proprio a Villafalletto. In quel cimitero.
E oggi i miei passi alla ricerca di quella enorme storia, fatta anche da chi parte da posti piccoli, in cui si parlava dialetto.
Un abbraccio. Tutto per te. Trômlin.

 

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