– Questa foto parla. Mi racconta tutto l’orrore della guerra
– Ancora con questa storia delle foto che parlano. Non riesci proprio a capire che le foto stanno in silenzio e non dicono nulla.
– Ma non vedi come è espressiva, sembra proprio di sentire la voce di quella donna che manifesta tutto il suo dolore.
– Appunto ti sembra, io però non sento né la voce di quella donna, né quella della foto, ma la tua.
– Che ragionamento…
– Te l’ho ripetuto cento volte che le immagini “serbano un dignitoso silenzio”, ti ho fatto anche leggere il passo in cui lo dice Platone nel Fedro, ma non c’è niente da fare. Tu continui a credere che le foto parlino.
– Pensala come vuoi, ma questa foto mi dice cose così evidenti che non c’è verso che tu mi faccia cambiare idea. E non riprendere la solita tiritera che le foto vanno interpretate, che vanno messe in campo categorie interpretative…
– Allora prova a chiederle chi è stato il fotografo che l’ha immortalata, vediamo se ti risponde.
– Ma sei proprio stupido.
– Se parla, vorrà dire che potrà rispondere alle tue domande. Il fatto è che le foto non hanno mai parlato e tu, ostinandoti a credere che invece ti rivolgano la parola, non comprendi che oggi, a differenza del passato, incorri in madornali errori.
– In che senso? Vuoi dirmi che questa foto, non ha nulla a che fare con l’orrore di ciò che sta accadendo in Ucraina? Che è stata manipolata? Che si tratta di una foto di scena di un film di guerra e che le persone rappresentate sono attori?
– No, no. Vedi questo poteva accadere un po’ di tempo fa, ma ora le cose sono proprio cambiate. Tu, ostinandoti a credere che le foto parlino e che ti dicano cose che riguardano la realtà, non hai sviluppato la capacità di ragionare criticamente.
– Ora offendi anche.
– Non si tratta di offendere, ma certi modi di guardare le immagini radicate nel senso comune, oggi ti portano fuori strada.
– Proprio non capisco ciò che vuoi dire.
– Voglio dirti che questa immagine non è stata scattata da nessun fotografo, che non rappresenta una situazione realmente accaduta, ma che è stata generata dall’intelligenza artificiale. È così simile ad una foto realmente scattata, che nessuno riuscirebbe a capire la differenza.
– E tu come fai a saperlo.
– È tratta da un lavoro di una nota fotografa (clicca qui) che ha realizzato un progetto che aveva come obiettivo di far credere che le foto generate dall’intelligenza artificiale fossero reali. Se ieri di fronte a un’immagine volevi evitare di fare ragionamenti, incorrevi in errori, ma oggi, se non stai attento, rischi di deragliare.
– E come si fa a capire oggi se una foto rappresenta un fatto realmente accaduto e invece non è frutto dell’intelligenza artificiale?
– Bella domanda, soprattutto se pensi che c’è chi predice che tra pochi anni il novanta per cento delle immagini sarà prodotto dall’intelligenza artificiale…
– Quindi?
– Occorre che si inizi seriamente a ragionare in modo diverso.
– Poni il problema, ma non sai darmi una soluzione. Non dirmi che oggi, per credere a qualcosa, occorre fare come San Tommaso…
– Eraclito sosteneva che gli occhi sono testimoni più sicuri delle orecchie, ma in quei tempi non esistevano cellulari, computer, tablet. Gli occhi guardavano solo direttamente ciò che stava succedendo. Noi oggi con gli stessi occhi guardiamo anche la realtà mediata dagli schermi. Lo schermo dovrebbe metterci in guardia. La parola schermo in passato significava proteggere, nascondere…
– … Proteggere le bugie e nascondere la verità?
– Non esagerare, ma in certi casi …
P.S. Ho fatto leggere a ChatGPT (clicca qui) questo dialogo e ho chiesto di scrivermi un finale diverso.
Mi ha suggerito un finale provocatorio che induce a riflessioni:
– Quindi dovremmo fidarci solo di ciò che vediamo con i nostri occhi? E se un giorno anche i nostri occhi fossero ingannati?
– Forse il vero problema non è più capire se un’immagine è reale, ma accettare che la realtà, ormai, potrebbe non avere più importanza.
(Nel contesto del dialogo, questa domanda (“e se un giorno anche i nostri occhi fossero ingannati?”) sottolinea il fatto che non possiamo sempre fidarci di ciò che vediamo, specialmente in un’epoca in cui la tecnologia può manipolare la realtà in modi così sofisticati da far sembrare vero ciò che non lo è. È una riflessione sulla fragilità della percezione umana.)
Allora provo a riflettere anch’ io e mi chiedo: la fragilità della percezione umana aumenta proporzionalmente con la potenza dell’intelligenza artificiale?
Credo di sì, ma sono certa di una cosa: nei classici, più antichi sono meglio è, una risposta si trova, sempre.
Rileggo spesso questo frammento di Eraclito: “Cattivi testimoni sono agli uomini gli occhi e gli orecchi, se si hanno anime da barbari”
Sono d’altro canto interessanti le riflessioni di Alfred Gell su l’art nexus e l’agency.