Il Silenzio di Erling Klagge (Einaudi Stile libero pg 103 12€) non è l’ennesimo giallo scandinavo, né un noir con i suoi eroi e antieroi che scoprono e sconfiggono omicidi e malefatte con il silenzio del titolo a fare da presagio di mostruosità raffinate.
A dire il vero non è un romanzo, e nemmeno un saggio ponderoso, né l’autore è uno scrittore che ami definirsi tale. E’ un ibrido piuttosto, un testo che cerca di rispondere ad alcune domande attraverso l’avventura, le letture e la curiosità di un editore-esploratore.
Klagge è norvegese, cosa da tenere in conto, e in solitaria ha raggiunto il Polo Sud, ha messo il suo piede al Polo Nord e conquistato l’Everest. Di silenzio se ne intende ed è così che ha deciso di rispondere a tre domande fondamentali: Che cos’è il silenzio? Dove lo si trova? Perché è più importante che mai? Lo ha fatto con 33 variegate risposte, in un linguaggio informale e semplice che alterna colte citazioni filosofiche a momenti di stretto a contatto con la natura incontaminata, e esperienze di astrazione nella quotidianità.
In ogni risposta c’è una riflessione e un’indicazione alla riflessione su due temi enormemente complessi che sono il tempo e lo spazio, al presente stravolti in qualunque accezione li si consideri. Sembrerebbe che il silenzio non possa prescindere da una diversa qualità di questi due elementi, ormai ritorti, manipolati fino a essere negati.
Ci sono luoghi che invogliano al silenzio, un silenzio abitualmente soppresso da voci umane perse nel chiacchiericcio ininterrotto della comunicazione onnipresente. In quei luoghi il silenzio non è mai totale, ma presta all’ascolto di passi scricchiolanti sul ghiaccio, vento che ulula, onde che battono nella risacca. Eppure la nostra voce romperebbe ciò che definiamo quel silenzio. E c’è un tempo che dobbiamo estrarre come una pepita d’oro dall’affaccendamento inesorabile che tutto inghiotte, tanto è vorticoso, tanto divora le nostre vite.
Klagge non dimentica che il silenzio, spesso vincolato all’isolamento, è un’impresa difficile, al silenzio non siamo più abituati, il silenzio fa anche paura. E lo dice pur nell’abitudine di boschi sterminati, valli disabitate, coste frastagliate e ghiacciai della sua Norvegia, abitata non dal vociare colorito e dal fracasso che noi conosciamo bene.
Il silenzio stupisce e ci lascia soli con noi stessi, cosa alla quale non sappiamo più rispondere. Il silenzio è vicino al vuoto, è sottrazione per l’uomo moderno. Non è più il rumore perenne che rappresenta un’ aggiunta. Il rumore è lo status quo delle nevrosi, è un finto flusso di vita.
Klagge ci rivela che la vita può essere altrove, nell’osservazione, nel meditare e nel ritrovare se stessi nel solo suono del battito del nostro cuore.
Esplorazione Isolamento Meditazione