Ecco, ora siamo perfetti. Nel già ricco stupidario nazionale, scandito dalle folgoranti intuizioni lessicali del giornalismo da sbarco, mancava solo la fatina no-vax.
Emanuela Petrillo, infermiera trentunenne laureata (mica come Di Maio) con 110 e lode, sembra destinata a ricoprire, con una precisione che definirei ironicamente chirurgica, il ruolo di anello di congiunzione tra le peggiori tendenze espresse da un secolo e mezzo di storia patria: il veterocattolicesimo bigotto e il ribellismo furbo-anarcoide tipico della setta ora di gran moda in Italia, quella che aspira a diventare la nuova classe dirigente del paese.
Nulla è ancora chiaro, va detto, in questa vicenda penosa. La Petrillo nega, nega tutto. Sostiene di aver effettuato correttamente tutte le vaccinazioni dei bambini a lei affidate, decine di migliaia di dosi, negli ospedali di Codroipo e Treviso, mentre gli inquirenti le contestano la mancata somministrazione: falso, abuso d’ufficio e peculato. La vicenda seguirà il suo corso giudiziario e si arriverà, speriamo, alla verità.
Ma ciò che fin da adesso, senza attribuzioni prematuramente indebite di innocenza o colpevolezza, suscita un profondo senso di inquietudine è il quadro di incertezza, di labilità psichica che trasuda dall’intera faccenda. Un sentore, vago ma incisivo, di ignoranza e di fanatismo esala dalla pia struttura d’accoglienza “Famiglia di Nazareth” fondata da Gerardo, padre di Emanuela, nel profondo nordest di Spresiano, dove il capofamiglia ha esercitato per anni, prima dell’insorgere di un ictus, la professione di pranoterapeuta. Imposizione delle mani, condita però – sembra – da digiuni e preghiere. Tanta fede in lui, conosciuto nella regione come il padre Pio del Veneto, e il male se ne va così come è arrivato, per miracolo.
Mamma Fiorella poi, viene dipinta come l’anima post sessantottina della brigata. Dall’amore libero all’illuminazione cristiana è un bel giro di valzer, ma Fiorella Fornasier in Petrillo rispedisce al mittente tutte le accuse rivolte alla figlia, colpevole solo di essere bella, bionda e con gli occhi blu, catalizzatore ideale di malevolenze da parte di colleghe invidiose e cattive.
Lei, “la Manu”, dichiara con aria smarrita di non sapere più neanche lei quale sia la verità. “Sotto una montagna di accuse è difficile fidarsi di se stessi e dei propri ricordi”, dice ai giornalisti.
Vedremo le conclusioni. Per ora mi riesce francamente difficile non pensare al celebre quadro di Francisco Goya, al sonno della ragione che sta contagiando il mondo e ai mostri che ne vengono quotidianamente partoriti.