Il tavolino del Professore

 

Era sempre lì. Seduto al tavolino d’angolo davanti a grandi fogli bianchi che copriva, con la sua grafia precisa, di numeri, lettere, cifre, simboli che solo lui poteva capire.

 

Il bar che l’ospitava aveva cambiato gestione parecchie volte negli ultimi anni, ma l’eredità del Professore l’avevano accettata tutti.

 

Davanti al suo tavolino si formava una piccola corte di piccioni, come allievi davanti alla cattedra, e lui sosteneva di parlare e insegnare ai suoi piccioni.

 

In particolare uno di loro, marroncino, si soffermava vicino a lui anche quando gli altri, verso sera, andavano via.

 

Poi, man mano, il Professore era cambiato: appariva trascurato, poco pulito. I grandi fogli bianchi restavano bianchi. Gli occhi fissi non guardavano neanche i suoi piccioni, che perplessi dopo un po’ volavano via.

 

E infine l’uomo non si è più visto.

 

Solo il piccione marroncino spesso scende e si ferma davanti al tavolino vuoto. Si guarda intorno con i guizzanti occhietti rossi, cerca il suo Professore ma non lo trova.

 

Tornerà domani. Lo aspetta.

 

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