Il trasloco non è poesia, caro Ivano

Fossati ha scritto in una canzone “e di nuovo cambio casa, di nuovo cambiano le cose cambio numero e quartiere”.
Così il trasloco sembra poesia, caro il mio Ivan. Per me, donna single che già nella sua vita ne ha fatti diversi, l’ennesimo è una mazzata. Anche perché questa volta non ho uno straccio d’uomo accanto a me. Nei lavori pesanti, dove ci vuole forza bruta, come montare e rimontare armadio a sei ante, se ci provassi mi troverei avvitata a qualche anta.
Sto perdendo colpi, non sono più la giaguara di una volta. Forza fisica da bradipo, ve lo dico sottovoce e che non sappia in giro, non riesco nemmeno a montare i cartoni con lo scotch! E memoria da criceto, il che crea un mix letale. Nella teoria invece sono una scheggia, ho trovato diversi trasportatori, ho in mano preventivi da studiare, e ho fatto uno studio antropologico sul “tipo” trasportatore.
Diffidare da colui che arriva esordendo “Io mi metto nei panni dei clienti e cerco di dare una mano in tutti i modi. Se vuoi te li vendo io i mobili in eccesso, poi per lo smaltimento mobili tranquilla”. Ecco, tranquilla fa scattare l’allarme rosso. Si venderà tutti i mobili che io intendo buttare.
Diffidare oltremodo anche dal trasportatore che, con aria assai professionale, ti scandisce le parole lentamente e a voce alta, a “smaltimento”, “smontaggio”, “assemblaggio” alza ancor più la voce; chiaro, sei donna, che t’intendi di ‘ste cose? Roba da maschi.
No, caro il mio traslocatore, io conosco, mi sono informata. Mi piace guardare la reazione, la faccia basita, quando rispondo che so già tutto sullo smaltimento e sulle autorizzazioni che occorrono.
Senza forze e senza voglia sì, ma rincoglionita no. Vi saluto e vado a riempire un altro scatolone, cantando Fossati.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto