IL TRENO DEI BAMBINI

Amerigo ha quasi 8 anni, è sveglio e abituato alle asprezze della vita. Abita con la madre Antonietta in un basso napoletano: la miseria è dentro e fuori casa ma il pane duro pucciato nel latte, quello se lo mangia. La scuola l’ha lasciata da un pezzo e un padre non ce l’ha: se n’è andato all’America a fare fortuna. La madre ha un amico, Capa ‘e fierro, con cui si chiude in camera a “lavorare” e a cui Amerigo con il suo amico Tommasino, porta le “pezze”, scarti di stoffa trovati in giro, che poi il boss rivende al mercato. Un giorno succede che Maddalena, una “comunista” già conosciuta in giro per aver fatto la resistenza contro i tedeschi, parli alle madri del quartiere raccontando di un treno organizzato dai “compagni del nord” per trasferire i bambini poveri del sud in Alta Italia, dove troveranno delle famiglie pronte ad accoglierli, a nutrirli, a vestirli e a dar loro un’istruzione. La Pachiochia, una zitellona baffuta che gode di grande autorità e che è rimasta monarchica nel cuore, mette in guardia le famiglie: che i comunisti i bambini se li mangiano, o li mandano in Russia o gli tagliano le mani. Ma la propaganda avversa, coltivata anche da Capa ‘e pezza (la suora) non fa breccia negli animi stremati dei parenti e i piccoli partono.
Storia poco nota quella raccontata da Viola ArdoneIl treno dei bambini” (Einaudi 2019) ambientata nel primo dopoguerra, esattamente nel 1946. Con schietto e disarmante realismo, la scrittrice napoletana si cala nel cuore e nella mente di un bambino diviso tra la famiglia e i luoghi d’origine e quella affidataria, un romanzo di formazione in cui lo iato tra sud e nord, tra povertà e benessere è stridente. L’arrivo nell’Alta Italia è un’epifania per i bimbi meridionali: dal cielo piove ricotta (la neve) e sulla tavola imbandita c’è ogni ben di Dio: il prosciutto rosa con le macchie bianche (la mortadella) e un formaggio che “fète di piedi” (il gorgonzola). Ma, nonostante i lussi impensabili – un letto tutto suo, una maestra che lo elogia per come sa far di conto, il vitellino a cui hanno dato il suo nome, l’affetto di Derna e della famiglia che l’ha accolto – Amerigo ha nostalgia di mamma Antonietta, perfino dei suoi scappellotti e delle strade festose nei Quartieri spagnoli per la festa di Piedigrotta.
Un uso misurato del dialetto, squarci di luce sui vicoli bui, lembi di vita povera e dignitosa, madri che i figli li “lasciano andare”, storie di ordinarie migrazioni che si ripetono nel tempo e a ogni latitudine. Un racconto struggente, teso, di quelli che ti restano dentro e continuano a graffiarti il cuore.
Il treno dei bambini di Viola ArdoneEinaudi 2019
Della stessa autrice “Oliva Denaro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto