Dance me to the end of love
“Dance me to your beauty with a burning violin
Dance me through the panic till I’m gathered safely in
Lift me like an olive branch, be my homeward dove
And dance me to the end of love.” (Leonard Cohen)
27 gennaio del 1941. Francisco Boix*, vent’anni, socialista, reduce della guerra civile spagnola combattuta tra le fila dei repubblicani, viene catturato dai nazisti e internato nel campo di Mauthausen. Poiché è un esperto fotografo, viene destinato a documentare con le immagini la scrupolosa attività di annientamento di cui vanno fieri i nazisti. Il suo capo, Paul Ricken, gli indica cosa fotografare, quando e dove: esecuzioni, arresti, ritratti di ufficiali, visite. Col passare degli anni si accumula un ingente materiale fotografico.
Febbraio 1943. Quando l’armata rossa, dopo la vittoria di Stalingrado, inizia ad avanzare verso ovest, i nazisti temono che documenti compromettenti possano venire in possesso degli alleati ed essere utilizzati dai vincitori come prove dei crimini commessi e inchiodarli alle loro responsabilità. Il comandante del campo ordina quindi a Francisco Boix di distruggere i negativi. Il giovane finge di obbedire e ne elimina, per evitare di essere scoperto, solo una parte, consapevole dell’importanza di quel materiale. Mette quindi a punto, rischiando la vita, insieme ai suoi compagni di prigionia, un piano per portar fuori dal campo gran parte dei negativi, nascondendoli prima in un capanno e consegnandoli successivamente ad Anna Pointner, una donna del luogo di fede socialista.
1945. Francisco Boix testimonia al processo di Norimberga. Si calcola che insieme ai suoi compagni di campo riuscì a recuperare circa 20.000 negativi, conservati ora in gran parte al Museu d’Història de Catalunya.
1955. Leonard Cohen, come molti di noi, ebbe modo di vedere alcune delle immagini scattate nei campi. In un’intervista rilasciata a un’emittente canadese nel 1995, rivelò la genesi di Dance me to the end of love,** una delle sue più belle e struggenti canzoni. Ogni verso emoziona profondamente, ma uno in particolare colpisce: l’immagine del violino che brucia. Cohen dichiarò che gli fu suggerita dal ricordo delle orchestrine di violini e fisarmoniche suonati nei campi di concentramento nazisti dagli internati, per accompagnare i prigionieri verso il luogo della loro esecuzione: “it’s curious how songs begin because the origin of the song, every song, has a kind of grain or seed that somebody hands you or the world hands you and that’s why the process is so mysterious about writing a song. But that came from just hearing or reading or knowing that in the death camps, beside the crematoria, in certain of the death camps, a string quartet was pressed into performance while this horror was going on, those were the people whose fate was this horror also. And they would be playing classical music while their fellow prisoners were being killed and burnt. So, that music, Dance me to your beauty with a burning violin, meaning the beauty there of being the consummation of life, the end of this existence and of the passionate element in that consummation. But, it is the same language that we use for surrender to the beloved, so that the song it’s not important that anybody knows the genesis of it, because if the language comes from that passionate resource, it will be able to embrace all passionate activity.”
* Per una documentazione di tutta la vicenda si può leggere “La musica che accompagnò l’orrore di Mauthausen e il fotografo che la salvò” con il link che segue https://www.finestresullarte.info/…/musica-mauthausen…
** Clicca sul titolo per ascoltare la canzone