Impressioni cilentane

Percorro la Grand Corniche cilentana che da Ripe Rosse arriva fino ad Acciaroli, poco più giù del golfo di Salerno, e mi sento Cary Grant nella scena più erotica di Caccia al ladro. L’unica differenza è che Grace Kelly non è seduta al mio fianco, ma sul sedile dietro, di fianco a mio figlio. Anche Hemingway ha percorso questa strada? Seguo la sua automobile dentro la luce panica di una controra estiva. Si dice che davanti al mare di Acciaroli abbia scritto Il vecchio e il mare. Qualcuno se lo “ricorda” ancora. Fernanda Pivano era sicura del contrario, ma forse dall’ultima finestra a sinistra, al secondo piano dell’Hotel La Scogliera, il fantasma di Hemingway guarda il porticciolo di Acciaroli per scoprire che non esiste più, trasformato in un inutile porto turistico. Non c’è più Masarone, il vecchio pescatore cilentano che avrebbe ispirato la vicenda, e non esiste più neanche l’Hotel – solo il suo passato che guarda verso il mare. Ma non importa se le prove del passaggio di Hemingway sono inesistenti o immaginarie: questa è terra di miti e di leggende. Si dice che, ubriaco di amarone, venisse buttato fuori dalla Scogliera e accolto in un albergo all’inizio del paese. Lì, su un registro ormai perduto, si giura di aver visto la sua firma. Fa niente se le date non combaciano. Qui la precisione cronologica ha tutta la parvenza di un cavillo. Si racconta di un “americano” con un codazzo di vecchie dattilografe che battono sui tasti ciò che detta: scena Kafkiana, scena da fratelli Coen, scena di un luogo in cui il caldo e la luce rendono possibili ogni miraggio e ogni illusione. Anch’io ho creduto di essere Cary Grant: perché non credere a un Santiago acciarolese? Sì, qui non ci sono i pesci spada, ma non parliamo di uno scrittore come gli altri: parliamo di Hemingway, uno che da una sbornia, una corrida e una scena d’isterismo tirò fuori un capolavoro come Fiesta. Quindi perché non immaginarlo mentre ascolta le parole in cilentano arcaico di un pescatore dalla pelle color cuoio e le trasforma in un racconto eterno? Guardo, attraverso il parabrezza, i fichi d’india penduli sull’asfalto, il mare luccicante alla mia destra, gli altarini di ceri e santini dove perfino una strada così bella ha preso le sembianze della morte e la vertigine mi dice che nulla è impossibile, per quanto improbabile. Di una cosa però sono sicuro: se Hemingway dovesse ritornarci – ammesso che sia mai stato qui – non ritroverebbe neanche un angolo dell’Acciaroli di sessant’anni fa, fatta di pietra e di strade sterrate. Non ritroverebbe neanche l’idea di Masarone; in un porto in cui dei pescatori restano solamente, ormai, le ombre.

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