Quando sarò più grande e avrò combattuto anche questa mia incerta e smisurata battaglia, credo, mio buon maestro, che se mai ci sarà una vittoria, questa davvero consista nella volontà sofferente che ingaggia insicura la sorte.
L’esito è incerto, per ora. Tuttavia, se saremo arrivati a quel punto, oltre quel varco che adesso è uno scoglio, dismettendo per l’ultima volta gli abiti stretti e consunti di quella che è stata l’infanzia, ci accorgeremo che molte delle cose più grandi e che ci sembravano immense, furiose, saranno nel frattempo divenute piccine, incomprensibilmente lontane e perdute per sempre. Ma anche che altre, più piccole, inconsistenti pagliuzze invisibili adesso nel mare grosso di quest’ora in tempesta, avranno nel tempo preso forma diversa, e gigantesca sembianza.
Potrei essere solo purtroppo: la vita è un varco nel tempo per tutti ristretto e impietoso, io e te potremmo già essere lontani e resi distanti dagli anni. Allora ti cercherò con lo sguardo, come invocano i figli il ritorno perduto del padre, quando già il mare ha disperso quello che il tempo ha ingoiato.
Sarà mio dovere allungarti la mano, darti la breve illusione, quell’attimo incerto in cui consiste l’amore, di essere tu questa volta il bambino e io forse il più grande, sollevarti per un attimo solo a quel cielo che a lungo si stava insieme a guardare, chiedendoci a volte se da quel cielo veniamo, se a quel cielo torniamo e come possa essere ancora che al suo ostinato silenzio la nostra speranza non si voglia piegare, non si faccia da parte, non voglia annegare.