In compagnia di questi fantasmi

Sono al pc, a scrivere. Il resto della casa dietro le spalle.
Scalpiccìo.
Massimo sei tu?
Cadono foglietti.
Mi giro, la porta è socchiusa. Quella del salotto, più lontana, si apre. In cucina lieve rumore di posate.
Sì, lo so, siete voi: il nonno Pino, colonnello dell’esercito, cavaliere di Vittorio Veneto, integerrimo funzionario della Commerciale, che gli affidò i capitali da portare con una nave al Sud, all’arrivo dei nazisti, disperato quando i nipoti giravano per casa nudi. La nonna Maria, nobildonna siciliana, che veniva invitata al tè dai Cini dirimpettai, e che si occupava della casa, di tutto e di tutti. Il suocero Nino, professore di lettere, regista, fondatore del Teatro di Ca’ Foscari e dell’Avogarìa, vincitore del Festival delle Nazioni con la Commedia degli Zanni, per la miglior messa in scena (davanti a Edoardo), inconsapevole tombeur des femmes. La suocera Titta, che lo aveva conosciuto come madrina di guerra inviandogli guanti e calzini di lana fatti ai ferri, perdutamente innamorata, che ha sempre fatto tutto quello che voleva ma diceva di essere passata dalla tutela del padre a quella del marito e dei figli. Lo zio Umberto, sfuggito a un rastrellamento nascondendosi qui sopra, in soffitta, ingegnere della Sade (quella del Vajont) e per Enel costruttore di dighe in Sardegna.
Vissuti qui dagli anni venti in poi, io solo da poco più di vent’anni.
La casa è di nuovo vostra, ora che non ci siete più. È normale.

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