È morto il Signor Ikea.
Io, che non capisco niente di economia, riesco solo a identificare il successo con il desiderio moderno di realizzare i desideri velocemente e dell’usa e getta anche in fatto di design, del costo poco e duro poco ma cambio quando voglio e in fretta.
Un po’ ciò che succede con l’era digitale, tutto e subito e quando mi stanco vado oltre senza pensieri, c’e da dire che il signor Ikea ce lo faceva percepire anche come una certa attenzione ecologica, pochi sprechi e pochi residui inquinanti e forse è solo tutta una grande illusione, un grande sogno in cui però lui ha sguazzato e noi sguazziamo ancora felici.
La crescita degli anni sessanta si identifica con le cambiali, oggi con IKEA ci viene regalata la possibilità di sognare a poco prezzo.
Lui che, nonostante in vita abbia accumulato fantastilioni, come un Paperon de’ Paperoni, viveva come un pensionato Inps, con una vecchia auto, comprava una camicia nuova ogni lustro e andava con la barchetta a pescare.
Nel dargli l’addio gli possiamo perdonare le simpatie naziste in gioventù, visto che se n’è pentito pubblicamente e amaramente e anche i nomi improponibili delle sue creature.
Se cerchiamo di ricapitolare, quest’uomo è stato in vita un’innovatore e un creatore senza aver in realtà inventato niente, tranne levare e semplificare. Oddio, bisognerebbe chiedere a chi si è cimentato nel montaggio di uno dei mobili di sua produzione ma la leggenda vuole che abbia cercato di ridurre tutto all’essenziale, ovvero togliere: il montaggio, le confezioni, le componenti costose e i fronzoli. E cercare un equilibrio fra costo e estetica.
Inconsapevolmente ha creato anche un test di durata delle coppie, se resistono a una domenica in un negozio Ikea, è fatta, sono pronte per attraversare ben altre sfide esistenziali.