In questa casa Garibaldi dormì

 

La luna si levava sui colli. La finestra era un rettangolo giallo. La Patria attendeva. Anche lo scalpello, a pochi centimetri dalla lastra di marmo. Poi un’ombra smorzava il lume, e – toc toc toc- il martello batteva le ore della Storia.
Bastava che il Nostro si assopisse, anche solo per una pennica pomeridiana, e subito il lapicida ci dava dentro. Tramandava ai posteri l’avvenuto trapasso nel mondo dei sogni – così il numero dei mondi passava a tre.
Le signore della Buona Società, animate da spirito patriottico, si contendevano il sonno del generale. ”A casa mia ci ha dormito così bene che abbiamo dovuto svegliarlo con le cannonate”. ”Si è addormentato subito, come un sasso”. ”Ha sbadigliato, ma più volte, comunque aveva sonno”. ”Ha russato così tanto che tremavano anche i vetri alla finestra”.
Per l’Eroe dei due mondi il Risorgimento fu la stagione del sonno.
Lo dicono fonti epigrafiche disseminate su e giù per lo stivale. ”In questa casa Garibaldi dormì”.

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