E’ senza dubbio subdola influenza, iniziata come mal di stomaco e proseguita strisciante senza febbre.
Sicuramente ho a che fare con virus addestrati alla guerra.
Potrei preparare bombe farmacologiche o aspettare immobile che passi.
L’attesa impassibile stordisce il mio DNA femminile, quindi propendo per un blando composto da sciogliere in acqua calda, al posto della solita compressa. Nome diverso e stesso paracetamolo. E sa di sali da bagno.
I desideri ricorrenti di restare nullafacente a letto si infrangono contro la realtà della testa penzolante sui cuscini che – piccoli, grandi, pochi o molti – sono sempre nella posizione sbagliata. Fa caldo fa, fa freddo, ho fame, ho mal di stomaco, sono intrattabile, sono a pezzi, parlo come se avessi due ranocchie umide infilate nelle narici.
Immediatamente in zona franca, abdico dal ruolo di timoniere nel “due con”. Immaginatene una versione terrestre e piuttosto furiosa al mattino.
Sveglia, ancora a letto? Sbrigati con la colazione, esci dal bagno, il telefono, i colleghi, rogne, guida macchina, scuola, casa, bambina, cena, crollo verticale in orari stravaganti su cui glisso.
Invece, miracolosamente, la vita si riaccomoda senza il mio intervento. Si arriva comunque in tempo a scuola, lavati, nutriti e presentabili, non si muore di inedia, la casa non esplode, qualcuno mi sistema i cuscini, e lì davanti al letto, dopo un paio di giorni, viene pronunciata la frase fatidica:
– …Ti…senti meglio vero?…Mi sembra che tu stia davvero meglio…-
Non fiato. Qualsiasi cosa dica potrà essere usata contro di me. Quasi quasi vado a prendere una boccata d’aria sul balcone dato che piove e tira vento, solo con la biancheria intima ovviamente. Lascerò interdetti i pensionati del palazzo di fronte, ma almeno resto aggrappata alla zona franca ancora per un paio di giorni. Tecniche di guerriglia.