Ingenuità, quel lusso

 

L’ingenuità è quel lusso

Non dissimulabile, naturale,

di non considerare il male

Cosa probabile.

 

Come una palla di neve

All’inferno,

L’ingenuo si muove

Nella fiduciosa predisposizione

Che l’ala di un angelo

Gli copra la testa

 

Dei rovi di complotti

Non sente le spine

Ci passa accanto

Con la fede di non ferirsi

Senza la foia di districarli

 

Non ci sono trappole in cui cada

Perché, anche in fondo a una fossa,

È protetto dalla fiducia

 

Che nulla di brutto

Possa accadergli

E non si può chiamarla

Stupidità,

Visto che è ancora vivo,

Sorride,

E combatte meglio di chi dispera.

 

Per i tradimenti inevitabili

Del corpo o dei professori o degli amici o degli amori

Ha sempre ottime spiegazioni

E attenuanti

Che rinnovano il suo slancio

Incomprensibile ai più furbi.

 

Suo è il mondo della semina

E del raccolto

Suo il regno del mattino

Suo il sogno delle stelle

E del volo

Sua l’aspirazione ai miracoli

Sua l’eredità di gioia

Perché,

Di qualunque entità sia la cifra,

La considererà un dono.

 

L’ingenuo sbaglia molto,

Pensano le volpi sorridendo

Di questa questione

Discutibile.

 

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