Abiti firmati e gioielli la lasciavano indifferente, pilotare aeroplani o cavalcare purosangue non placava la sua indole ribelle, sedersi ai tavolini di qualche bar per conversare con Burroughs, Ginsberg e Pollock non l’appagava.
La vera e insondabile passione di Pannonica era il jazz, affascinata e stregata da Thelonious Monk, il più estroso e bizzarro tra i pianisti dell’era bop. Smaniava per conoscerlo e quando si presentò l’occasione, non esitò a raggiungerlo a Parigi.
Capelli neri, labbra sottili, sguardo diretto e penetrante fu il suo angelo custode per oltre 25 anni standogli accanto, aiutandolo, proteggendolo, rischiando anche il carcere per lui. Quando la polizia per un controllo li fermò e trovò nella sua Bentley qualche dose di marijuana, per evitare che Thelonious fosse arrestato, non esitò ad addossarsi la colpa: sarebbe andata incontro a 10 anni di carcere che non scontò, solo grazie ad un cavillo legale.
Né il marito, il barone de Koenigswarter, né la potentissima famiglia d’origine riuscirono mai a separarla da quel mondo brulicante di passioni e musica che tanto adorava, in cui tutti l’amavano. «Con la baronessa potevamo frequentare i locali e sentirci come degli esseri umani» disse Sonny Rollins.
Quando Charlie Parker capì che la sua vita era giunta al termine, andò a cercarla all’Hotel Stanhope dove viveva in una suite. «Il re del bop muore nell’appartamento di un’ereditiera», titolò il New York Mirror. Thelonious Monk trascorse gli ultimi anni nella sua dimora a Weehawken nel New Jersey.
Pannonica de Koenigswarter Rothschild, misteriosa e incantevole baronessa, rasserenò la vita, ispirò le melodie, addolcì la morte ai giganti del jazz.