C’è gente che nel chiuso del proprio garage e con pochi mezzi ha messo le basi di future floride compagnie. Come Steve Jobs con Apple o Jeff Bezos con Amazon.
Io a 8 anni ho fondato nel mio garage la prima biblioteca del fumetto del quartiere, anzi, della città. Però al contrario di Jobs non sono stata né hungry né foolish, quindi non ho fondato la Mondadori.
Leggevo voracemente tutto quello che mi capitava e investivo la paghetta dal giornalaio.
Per fortuna casa mia era piena di libri grazie a mio padre, che in realtà neanche li apriva ma si appassionava alla lettura dei quotidiani e dei cruciverba. Diceva che il Bartezzaghi era facile, beato lui.
Comunque i libri di casa li ho letti e poi ho letto tutta la biblioteca scolastica.
I miei amici mi chiamavano “Treccani”. Se c’era una parola difficile e visto che Internet era lungi da venire, si giravano verso di me e gridavano: chiedilo alla Treccani!
Fin da piccola la grammatica italiana si era riversata nel mio cervello direttamente dalle pagine dei libri. La prof di italiano alle medie mi voleva accanto a sé in cattedra e mi faceva correggere i temi dei compagni, sicura della mia grammatica suprema.
Un giorno un compagno di scuola, furioso perché gli avevo corretto accenti e congiuntivi, mi ha dato una spinta e gridato una brutta parola. In quel momento mi è venuto in mente Salgari e il pirata della Malesia e l’ho gonfiato di botte.
Mamma, una donna semplice e amorosa, mi lasciava scorrazzare per il quartiere con la mia bici rossa. Mi sentivo libera e invincibile. Finché la nonna bigotta del mio vicino mi apostrofò: stai a casa maschiaccia!
Corsi in lacrime da mamma che mi consolò, amorosa come sempre. Poi seppi che aveva affrontato la vecchia diffidandola di insultare la sua bellissima bambina e di pensare piuttosto a quei fetenti dei suoi nipoti.
Mia madre, la mia eroina, sicuramente era la figlia del Corsaro Nero, ma lei non lo sapeva.
Leggendo leggendo, arrivai in una grande città e cominciai a frequentare librerie e mercatini di libri usati.
Poi cambiai casa e i libri non ci stavano, o io o loro. Li hai letti, pensai. Regalali. Riempii la macchina di scatoloni e con un carrellino sgangherato mi spezzai la schiena per portarli alla biblioteca cittadina, quella vicina alla spiaggia, con i miei auguri.
Il sindaco mi ha scritto: la città ti ringrazia, condividere il sapere è bello.
I libri non si possono buttare via,anche quelli che non ci sono piaciuti troveranno un estimatore…quindi si regalano anche alla biblioteca
sempre!
😍
bellissimo, Rita! difficile scegliere tra la tua poesia e la tua prosa. Grazie.
Grazie. ❤️🩵
Io ho messo una étagère in un angolo dell’addome del mio palazzo dove mettere i libri che vogliamo fare leggere ad altri perché pensiamo che siano belli, significativi e da condividere. Gran successo! Scambi interessanti e chiacchiere quando ci incontriamo. ☺️
Brava!
Ovviamente era nell’androne…
🤣🤣
😊