Molto probabilmente se si fa una classifica dei libri più posseduti e meno letti, l’Ulisse di Joyce ha un posto sul podio, se non è addirittura il vincitore. Bene che vada la maggioranza delle persone, alla domanda se lo abbiano letto, risponderà: «Non sono riuscito ad andare oltre il primo capitolo».
Il punto è che l’Ulisse non va letto.
Piccolo sunto della trama. Leopold Bloom, il mattino del 16 giugno 1904, intravede una lettera e scopre che Molly vedrà il suo maestro di canto col quale c’è una simpatia, se non una vera e propria storia. Esce di casa. Vagherà per Dublino, incontrando delle persone, mancando l’incrocio con altre. Ogni capitolo poi è una storia, al pub, al cimitero… La sera rientra e si mette a dormire per non doversi confrontare, sperando che anche Molly dorma. Ovviamente non dorme, tutto finirebbe banalmente, e nell’ultimo capitolo ricorda la loro storia d’amore in un brano senza interpunzioni, il cosiddetto flusso di coscienza. Termina rinnovando il loro amore con il finale “si voglio si”.
Ecco, in 108, parole vi ho raccontato l’Ulisse. Ovvio che un libro di 265.222 parole è molto di più, ma alla fin dei conti non occorre leggerlo come un romanzo qualsiasi, dall’inizio alla fine, per capirlo. La trama è tutta lì. Se cominciate dal primo capitolo in cui Bloom non c’è, apparirà nel quarto, e incontrate Stephen, personaggio tutto sommato, mi scuserà James, “pallosetto”, è altamente probabile l’abbandono.
Partite dal quarto che inizia con Bloom che fa colazione e mangia interiora di animale, fegato impanato e fritto, ma soprattutto “i rognoni di castrato alla griglia, che gli lasciavano sul palato un fine sapore di urina lievemente aromatica”. Beh, forse il menù non è così appassionante, non avete l’obbligo di gustarlo, ma vi garantisco che la lettura è scorrevole ed affascinante. Poi magari passate al penultimo capitolo, quello in cui Bloom torna a casa e ha dimenticato le chiavi. È fatto a domande e risposte, perché altra caratteristica dell’Ulisse è che ogni capitolo ha uno stile a se stante. Poi l’ultimo, quello senza punteggiatura, che impaurisce. È magnifico, musicale, da leggere a voce alta.
Alla fine, magari, saltando avanti ed indietro lo leggerete tutto, o forse no, ma comunque ci avrete guadagnato.
Il bello dell’Ulisse è che ognuno può costruirci il proprio percorso, seguire una chiave di lettura diversa, che va oltre la storia in sé. Si possono percorre fisicamente, a Dublino, i percorsi di Bloom, ed è la cosa più banale. Si possono ricercare le parole, ad esempio “Throw away”, butta via, che compare da diverse parti in contesti diversi e curiosi. Si possono seguire gli stili, ci si può divertire con le liste – che si trovano nel dodicesimo capitolo – dei Ciclopi. Oppure si può vedere come i giochi di parole, le parole inventate, siano state tradotte, o confrontare le due traduzioni in italiano.
Insomma, ognuno può approcciare in modo diverso al libro. Rinunciare alla sua bellezza per leggerlo secondo regole, per poi nella maggior parte dei casi riporlo a prender polvere, è un vero peccato
Istruzioni per non abbandonare l’Ulisse
Sono triestino di nascita, dublinese di adozione. L’amore per Joyce nasce quando nel 1993, a Trieste, assisto alla lettura integrale dell’Ulisse, durata circa 30 ore. 4 anni fa mi trasferisco a Dublino per fare l’informatico. Inizio, per passione a fare dei tour Joyce. La mia vita cambia, ora, messa da parte l’informatica se non per alcuni progetti culturali, sono guida nazionale ed è oramai un lavoro a tempo pieno.