Jimmy’s hall

Irlanda, 1930. Jimmy è tornato a casa dalla vecchia madre, a coltivare la terra. Dieci anni prima aveva lasciato tutto, anche l’amore della sua vita, per scappare in America. Accusato di comunismo perché nella sua “sala” si ballava, si insegnava musica, letteratura e poesia, perché la gente del luogo preferiva passare il tempo lì, piuttosto che in parrocchia. Jimmy pensa questa volta di farsi gli affari suoi e di tenere la testa a posto ma i vecchi amici e i ragazzi del paese lo convincono a riaprire la sala. Che torna ad animarsi come e più di un tempo, un vero scandalo per la potente congrega ecclesiastica alleata con i padroni e i fascisti.
Jimmy’s hall” (GranBretagna/Irlanda/Francia 2014) è l’ultimo film di Ken Loach. L’autore britannico riesce a creare un nuovo capolavoro sui temi consueti della libertà, della laicità, dell’orgogliosa appartenenza alla propria terra e alle proprie tradizioni.
Ispirato alla vera storia di Jimmy Gralton, il film di Loach è una denuncia contro l’ottusità della Chiesa irlandese, contro i latifondisti che affamavano la gente, contro i poteri forti e violenti che piegavano le leggi ai propri oscuri voleri.
La scena in cui Jimmy balla con la donna amata nella sala vuota e, pur travolto dalla passione per lei, rispetta il suo ruolo di donna sposata e di madre, è straziante. Come le musiche irlandesi cantate nella dolce lingua gaelica.
Quando dice all’anziano prete che gli fa apertamente guerra e che lo accusa di aver commesso sacrilegio: “Le dico io cosa è un sacrilegio, Padre: avere nel cuore più odio che amore!”, Gralton incarna la figura del giusto che non si piega ad alcun compromesso pur di portare avanti i suoi ideali.
Dieci minuti di standing ovation al Festival di Cannes, “Jimmy’s hall” è un film che punta dritto al cuore. Un inno all’amore e alla libertà.

 

 

 

 

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