Nonostante il viso segnato dal passare del tempo e da quell’assenza che da anni la tormenta, Julieta è sempre bellissima. Incerta tra l’ennesima fuga da se stessa e il restare nella città, Madrid, in cui abita con i suoi fantasmi, decide di affidare a un diario le sue pene e di raccontare la sua vita ad Antia, l’amata figlia di cui non sa nulla da tempo.
Mentre scrive, la memoria la riporta indietro a quando, giovane supplente di letteratura, conosce su un treno Xoan, l’amore della sua vita.
Con un gioco sapiente di flash back, Pedro Almodovar continua a riavvolgere la struttura del racconto ricorrendo alle due splendide attrici che interpretano Julieta poco più che ventenne e poi donna matura. E sembra quasi ci sia, nella storia di ieri e in quella di oggi, la fatale continuità di qualcosa che è mancata allora e, in modo diverso, manca anche oggi.
Ispirato a tre racconti di Alice Munro (Runaway – 2004), Julieta è un film asciutto e discreto. Lontano, lontanissimo da tentazioni hollywoodiane e da barocchismi tipici di certo cinema almodovariano.
Il regista spagnolo abbandona ogni eccesso stilistico per costruire una trama essenziale in cui le figure femminili, le due Juliete, la figlia Antia, l’amica scultrice, la governante (la sempre bravissima e asimmetrica Rossy De Palma) sono figure centrali nonostante gli accadimenti drammatici che le coinvolgono, mentre gli uomini (il padre di lei e persino il bel Xoan) figure deboli che vivono di luce riflessa rispetto alla donna che hanno accanto.
Una fotografia incantevole che riprende gli interni delle case madrilene, i balconi con la balaustra in ferro battuto che si affacciano sulle strade animate e colorate. O che si sofferma sul paesaggio spigoloso della Spagna del nord, del mare, spesso cupo e in tempesta nel villaggio di pescatori dove la giovane Julieta va a vivere con Xoan.
Una storia di perdite, rimpianti e sensi di colpa per colpe non commesse che avvelenano intere esistenze. Non un melò ma una tragedia dai toni quieti in cui la disperazione cede il posto alla rassegnazione e in cui il dolore è urlato solo dentro.
Intensa Emma Suarèz che interpreta Julieta in età adulta, bella e brava Adriana Ugarte che impersona Julieta da giovane.
Un’opera della maturità, venata di tristezza, in cui le donne divertenti “sull’orlo di una crisi di nervi” sono sostituite da donne fragili e piene di sofferenza.
Julieta di Pedro Almodovar (Spagna 2016)