Kahled, l’eroe normale di Palmira

Lo hanno definito “Un eroe normale”. Lui, l’eroe dei nostri tempi bui, è Khaled al-Asaad, il custode del sito di Palmira, torturato e decapitato dall’Isis il 18 agosto scorso. Milano gli ha dedicato un convegno, anzi un’intera giornata. Nella mattinata di mercoledì 18 novembre è stato piantato un albero col suo nome nel Giardino dei Giusti, davanti agli studenti che portavano tutti un cartello con su scritto “Je suis Khaled”. Nel pomeriggio, al Piccolo Teatro Grassi, un convegno per onorare la sua memoria.

Giuliano Pisapia ha portato il saluto della città, che ha trovato in altri tragici momenti la coesione e l’impegno comune contro la violenza e il terrorismo. Citando Brecht “Vogliamo un mondo gentile, ma per averlo non possiamo essere gentili“, il sindaco ha parlato di riscossa civile e di sicurezza, ma niente omertà – ha precisato – e soprattutto niente guerre di religione.
Khaled era nato in Siria, era arabo, musulmano, si era laureato in storia e pedagogia all’università di Damasco e da più di 40 anni si occupava del sito archeologico di Palmira, uno dei posti più belli del mondo, dal 1980 patrimonio mondiale dell’Unesco, caduto qualche mese fa in mano ai miliziani del Daesch. Asaad, come ha ricordato il prof. Matthiae, suo collega e amico, era un uomo squisito, di grande ospitalità, un servitore dello Stato. Avrebbe potuto salvarsi, scappare, come gli consigliavano tutti, ma lui è rimasto lì, a difendere gli scavi, i colonnati, le sue pietre. Perché l’uomo e la pietra hanno lo stesso valore. Salvaguardare il passato, la cultura dell’umanità è preservare l’umanità stessa.
Il suo coraggio è stato paragonato a quello di Allende nel palazzo della Moneda, a Jan Palach che si dà fuoco davanti ai carro armati russi, a quello dello studente in piazza Tienanmen. Un gesto che non solo gli eroi ma tutti noi abbiamo il potere di compiere per spingere la storia in un’altra direzione.
Sia nelle parole del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana che in quelle della storica Eva Cantarella, il nome di Khaled viene associato a quello delle vittime parigine. In particolare a quello di Valeria Soresin, la studentessa italiana colpita nell’attacco al Bataclan. Due persone diverse, diverse eppure unite non solo nel fatale palindromo numerico delle loro differenti età (Khaled aveva 82 anni, Valeria 28) ma nel fatto che entrambi avevano fatto del bene, che erano un uomo e una donna di cultura. E che i terroristi hanno cercato di cancellare con il loro assassinio il passato e il futuro dell’umanità.
Un progetto folle e distruttore che non passerà – tutti i relatori concordano – se le donne e gli uomini di tutte le etnie e le religioni si opporranno con fermezza alla barbarie.
Un omaggio, infine, alla Francia. Le note della Marsigliese che riempiono il teatro e i nostri cuori feriti.

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