La Baia di Zabodaski

 

Gli scogli lisci e piatti digradanti verso il mare. Il mare, una macchia azzurra.
Le spiagge coi sassetti bianchi e i fondali di cristallo. Intorno i pini, alcuni piegati in avanti dalla bora. I mirti, la salvia e il rosmarino selvatico. Il pitosforo e l’alloro. La macchia mediterranea.
I gabbiani che ti planano accanto in cerca di cibo: i cocai, come li chiamano da queste parti.
La baia di Zabodaski nell’isola di Lussino. Un tempo austro-ungarica, poi italiana, ora croata.
Terra di gente che va per mare, di esuli. Insanguinata dai conflitti. Offesa dai contrasti e dagli addii senza ritorno.
Babele di lingue e di etnie. Ma il mare che si frange sugli scogli, il maestrale che soffia tra gli alberi, il ronzio dello scarabeo dal guscio brillante parlano da sempre la stessa lingua, antica e moderna, di pace, comprensibile a tutti.

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