Il poeta spagnolo* vide correre il bambino senza gambe e si sentì felice. Lo vide muoversi, passare, tirare. Lo osservò esultare abbracciando il compagno che di gamba ne aveva una sola. Allargò lo sguardo oltre il volto dei ragazzi, verso il pubblico. Erano bambini storpi e soldati mutilati. Ridevano. Guardavano giocare quattro ragazzini che fino al giorno prima giacevano su letti malandati. Il poeta spagnolo sorrideva appoggiato alla finestra dell’ospedale. Da qualche parte arrivavano i rumori della guerra civile. Ripensò alla biglia azzurra con cui giocava per riprendere la mobilità della mano ferita, a come la guardò fisso quando gli venne l’intuizione. Sorrise ricordando l’avventura di qualche sera prima col suo amico Francisco. Avevano trafugato una cassa da morto. Francisco svitò il coperchio e lui fece dei buchi da un lato e dall’altro. Il poeta spagnolo ci fece passare degli stecchi di legno, mentre Francisco sagomava figure grezze che poi incollarono ai bastoni.
«Come lo chiamiamo?» disse, mentre dipingeva le figure con due colori diversi. Il poeta spagnolo rifletté mentre tagliava un rettangolo ai lati della cassa. È sempre calcio, pensò, un calcio per luoghi chiusi, spazi piccoli, che ci può giocare chiunque. Si chiamerà futbolìn, calcetto.
Le urla dei bambini lo riscossero dai pensieri. I due di prima avevano vinto la partita, e furono sostituiti da altri ragazzi. Anche gli adulti si misero in fila per giocare. La biglia azzurra rotolò sul fondo di legno per essere presa di nuovo a calci. Il poeta spagnolo si girò verso l’esterno a guardare fuori oltre la campagna, oltre la guerra.
*Il poeta spagnolo è Alejandro Finisterre (1919-2007). Realizzò il futbolìn per i bambini e i soldati mutilati durante la guerra civile spagnola. Dalla sua invenzione non guadagnò mai un centesimo.