Illustrazione Stefano Navarrini

La birra di Pasteur

Ci starebbe bene una birretta. Chi non l’ha mai detto o sentito dire in vita sua? Nessuno. Ma poi che tipo? Bionda, rossa o nera? Di malto o di frumento? Inglese, tedesca o belga? Cruda oppure? Parliamo di quello che viene dopo quell’oppure.

Prima del 1862 la birra veniva consumata in fretta, prima che la fermentazione continua la facesse andare a male. Ma un signore francese, un chimico, spinto dal patriottismo o forse dall’alcolismo voleva una birra immarcescibile che desse lustro alla propria nazione e che, soprattutto, rubasse il primato di eccellenza ai maledetti tedeschi. Già, perché nella vita di tutti, prima o poi, arriva un tedesco da battere.

L’intuizione fu quella di scaldare la birra fino a sessanta gradi per trenta minuti e uccidere quei piccoli bastardelli che la facevano ammalare. Fu così che nacque una stella: la pastorizzazione. Quell’ubriacone patriota era Louis Pasteur, universalmente noto per aver migliorato e introdotto le vaccinazioni di massa.

I tedeschi mantengono tuttora il primato di eccellenza, ma chissenefrega!

 

 

 

 

 

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