La cabina

La cabina sembra vecchissima, ma è lustra come appena uscita di fabbrica.
Sono capitato per caso in questa piazzetta lontana da tutto, deserta e scura sotto la pioggia lieve e silenziosa di questa sera vagabonda. Solo la cabina è illuminata. Sollevo la cornetta, e una voce asessuata mi invita a comporre la data di nascita dell’abbonato desiderato. Il costo della chiamata, aggiunge, è di un anno di vita per ogni minuto di conversazione.
Mi viene in mente Napoleone, ma a memoria conosco solo la sua data di morte. Quella importa di meno. Mussolini per dirgliene quattro? Kennedy per risolvere il mistero? Shakespeare? Einstein? Strawinsky? Cesare! Ma il mio latino è alquanto arrugginito.
Papà, mi senti? Non sono quel buonannulla che pensavi, hai visto? Due minuti, due anni. Mamma, vedi tuo nipote come ti somiglia? Giannandrea, amico mio, sapevi tutto e non ci hai detto niente, non hai voluto compassione ma solo la nostra normale amicizia, fino all’ultimo giorno. Volevo dirti che l’ho capito.
Poche parole con tutti, e sono già ultrasessantenne.
Mi trema la mano sulla tastiera nel digitare quella data recente. Farlo è una scelta difficile. So come andrà a finire. Ma quante cose in sospeso, quante cose da dire a mia figlia. Quante da sapere, da capire. E ad ogni parola, ad ogni istante che passa, ad ogni cellula che muore, sono più stanco, più secco, più bianco. E più leggero, più libero. Parliamo, parliamo, e la pioggia fuori è ancora più silenziosa, come se temesse di disturbare.
La voce asessuata s’intromette per annunciare che il credito è terminato. Ho capito. Forse è quello che volevo. A presto. Prestissimo.
A malapena esco dalla cabina, tremante sotto il peso degli anni, le giunture rigide, i muscoli sottili, riesco solo a barcollare e adagiarmi sulle pietre bagnate della piazzetta. Chissà se quella cabina c’era anche ieri. O se ci sará domani. Forse esiste solo il 31 Dicembre, quando il mondo – o almeno io – è sospeso tra la nostalgia e il futuro. Starà a un amico, a un figlio, a un amore, chissà, trovarla un giorno e accettare – o desiderare – d’invecchiare parlandomi.
E in questo momento, la pioggia lieve e silenziosa della notte carezza l’ultimo sorriso di un vecchio.

 

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