La cassata di mia suocera

L’amata madre di mio marito faceva “la cassata” – con una ricetta secretata – solo in particolari occasioni.
Lei diceva “perchè è lavorata”. Qualcun altro malignamente affermava “perchè le mandorle costano assai”.
E quando la cassata arrivava in tavola era sicuramente festa.
Ella aveva una tendenza genetica al risparmio o meglio, alla “non abbondanza”, specialmente per gli ingredienti costosi; mi spiego meglio: se il dolce fosse stato a base di prezzemolo, aglio e cipolla sarebbe stato ricchissimo.
Nonostante ciò, la fama della bontà della cassata di mia suocera, appunto perchè genuina e dosata, aveva superato i confini di Corso Italia e se ne parlava anche in Viale Virgilio… e il figlio, cioè mio marito, ne è sempre stato ghiotto. Per cui ogni volta che mi cimentavo in un cheesecake, in una mousse, in una crostata, la frase era sempre la stessa:
“malacassatacomemiamadrenonlafaimai!”
Potevo competere? Ma il ritornello era da sfinimento: ricorda, le mandorle le devi comprare tu, le devi sbucciare tu… 50 e 50 di zucchero, poi la cioccolata ABBONDANTE, non come mia madre, che ne mette poca… la pasta di mandorle non sottile, ma come quella di mia madre, la ricotta di mucca non di pecora… blablabla.
Che potevo fare? L’ho fatta.
Ho comprato un panetto di pasta di mandorle al supermercato. La ricotta di mucca era finita: ho preso quella di pecora. La cioccolata l’avevo… e ho fatto sta cassata.
CONCLUSIONE: buonissima come quella di mia madre… ma la pasta di mandorle? Amore l’ho fatta quando tu non c’eri… BRAVA!
Efferati delitti culinari.

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