Prima del 1950, per tutto il mese di ottobre, la raccolta di scatole di latta di lucidi da scarpe (vuote) ci teneva occupati insieme agli altri coetanei della strada. Allora le scarpe erano di cuoio e venivano lucidate.
Una volta raccolte, le schiacciavamo sino a farle diventare un dischetto sottile.
Con un chiodo si faceva un buco al centro e da lì passava un “fil di ferro” dritto che riuniva i dischetti. Alzando e abbassando l’attrezzo da noi creato, con cadenza, si otteneva un rumore secco metallico, che, ripensandoci, dava ai nervi. L’orrendo schiamazzo doveva “avvisare” gli abitanti della strada che stavano per arrivare terribili ragazzini…senza scrupoli, si cominciassero a preparare. Era l’unica occasione di stare in giro con i compagni quando era già buio e ci caricava.
Tutto ciò avveniva qualche giorno prima del 2 novembre.
犀利士
Ed in quelle case, a quei tempi le nonne e le mamme avevano cominciato a preparare tante cose buone. Bisognerebbe dire ai bambini di oggi una cosa per loro impensabile: ci sono stati bambini che sono cresciuti senza Nutella, ovetti Kinder e merendine! I fichi secchi venivano passati al forno, spaccati e riempiti con una mandorla abbrustolita e semi di finocchio, profumati con qualche foglia di alloro. Dalla vendemmia era arrivata altra materia prima: l’uva per la mostarda che avrebbe riempito biscotti deliziosi, i bocconotti. Una parte di uva , cotta con i fichi diventava “vincotto” e serviva per un altro tipo di dolcetti (mustaccioli) ripieni di pasta di mandorle. Con le mele cotogne si faceva la cotognata, e noi bambini la portavamo a scuola come merenda. Le mandorle abbrustolite diventavano anche torroncini, praline e “attorrate”.
Questo era il tesoro al quale miravamo e per il quale avremmo agito senza pietà. L’illuminazione delle strade interne del paese era fioca e l’atmosfera era proprio quella giusta.
Non appena nonne e mamme sentivano i rumori raccapriccianti, si preparavano alla commedia. Aperta la porta di casa, alla vista dei ragazzini “indemoniati” sgranavano gli occhi per lo spavento e ci chiedevano di non essere cattivi con loro poverette, che tra l’altro erano già pronte a pagare il dovuto! Noi non riuscivamo a mantenere la maschera cattiva e scoppiavamo a ridere. L’addetto alla raccolta che era rimasto nella parte, con una faccia da delinquente dedito a furti in dispensa, mostrava una sacca, poi fissava le “povere donne terrorizzate” che cominciavano il travaso. Così la banda ringalluzzita per il successo diventava sempre più cattiva ed esigente, sino a quando trovava le prime donne di famiglia che gli accoglievano con scope e battipanni.
Prima di tornare a casa, ancora presi dall’eccitazione, ci si divideva il “raccolto” curando di fare parti uguali.
Ci aspettavano le mamme che regolarmente sequestravano il tutto, con la promessa che, un po’ alla volta, lo avrebbero restituito. Ma noi eravamo esperti delle loro abitudini – e io qualcosa lo avevo già nascosto, prima di salire, dietro il portellino del contatore dell’acqua.
Sì, quello dell’Acquedotto Pugliese.