La filosofia di Gaunilone

La filosofia è un cielo basso e grigio all’orizzonte che chi pensa confonde col suo naso: non fa conto il risaputo, in questo uguale spesso all’insipiente, che basta un raffreddore, uno starnuto, per rovesciare il mondo e il senso universale delle cose.
La filosofia è il mondo che pensa in bianco e nero, ma anche il cane che a volte mi accompagna – e a volte invece abbaia – vede il mondo solo in grigio, senza spettri o gradienti di colori e si fida, suo malgrado, del suo naso malandato di segugio per scoprire dove tiri il vento o quando invece si dia pace.
Gli piace mordicchiare l’avanzo frammentato del suo osso, per lui il mondo ha le dimensioni di un boccone, e quando non si strozza e non abbaia, mi guarda pensieroso e forse preoccupato: e adesso, adesso dove andiamo?
Filosofia è una strega rinsecchita, assai malvagia, una vergine opulenta e tentatrice, la Madonna in bicicletta lungo il fiume di pianura, la befana col carbone per fare lo stufato.
Io sono Gaunilone, parente di Bertoldo sopraffino, che per quanto studi e si affatichi non riesce a seguitare il passo del maestro e delle guide: mi distraggo all’ululato del lupo e della fame, m’incanto alla finestra, dietro il vetro deformato di un diaframma di calce e muratura, perdendomi nel cielo senza fuoco della neve quando il cielo s’abbassa sulla terra, docilmente, senza far domande, perché il respiro ha bisogno di silenzio per seminare nel profondo le parole

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