“Da quel momento cos’altro avrebbe potuto fare P., se non tentare di non lasciarla mai più sola, fino alla fine del suo giorno nel mondo dei vivi?”
Anche gli uomini possono amare. Amare senza guardarsi allo specchio, ma guardando ben fissa l’amata che soffre.
Un marito giornalista famoso, una moglie. Meravigliosa, non famosa. La storia di Silvia, Pigi la racconta parlando di se stesso in terza persona: fragile velo, dietro il quale intreccia anche i brandelli di un libro progettato “prima”, poi abbandonato. E compone, con pudore e professionalità, i pezzi di un amore e di un dolore che non hanno misura. Non grida. Suggerisce, pianamente. Di più, su 15 mesi di cancro, non si può dire.
“Uno degli aspetti peggiori dell’averti perduta è che tutte queste domande è impossibile fartele, ormai”.
Silvia. L’ho conosciuta. Un poco. Aveva quasi 20 anni meno di me. Era curiosa, innamorata, viva. Aveva il dono di vedere – il mondo le luci le forme. Il legno, le ombre, la laguna di Orbetello. Ogni tanto, come altri, le porto un fiore, un riflesso d’acqua, una vela, lì, nella sua bacheca di Facebook, dove l’ho incontrata la prima volta.
“ È il ritorno delle piccole cose che restituisce loro vividezza e intensità, i piccoli gesti dimenticati, i sapori, lo scorcio di un paesaggio, un gioco di nuvole da immortalare con una macchina fotografica super…”. Appunto, il Dio delle piccole cose. Minimalista. Come il giorno che, racconta P., tutti e tre piansero nelle loro stanze, ma piano, per non farsi sentire gli uni con gli altri. Padre, moglie, figlia. “Qualcosa che non voleva cedere di schianto. E non voleva dargliela vinta”.
(Il funerale di Silvia, nella sala Valdese. Niente è più spirituale di un funerale laico. A di là dei riti, senza riti, solo la nettezza, la bellezza: una persona, Silvia. Grazie, Pigi)
LA FINE DEL GIORNO, PIERLUIGI BATTISTA
RIZZOLI
pp. 180 – 11.99 euro