Un giorno, il bel fornaio un po’ sfiorito abbandonò per qualche ora la sua compagna di vita, la gallina Rosita, che lo capiva come nessun altro al mondo, e decise di portare il nipote a fare un giro a cavallo. Lui, che alla recita di paese aveva interpretato Zorro e impennava il cavallo, conduceva lemme lemme un folto gruppetto di compagni di scampagnata. Trotta trotta sotto il sole cocente, al bambino non venne sete ma una fame bestiale. Chiese allo zio se aveva ancora una focaccella nella sporta. Prontamente lo zio Antonio estrasse una delle sue famose riproduzioni di focaccia e gliela porse. Il nipote addentò vorace sorprendendosi di quanto fosse ancora morbida dopo ore dalla cottura nel finto forno impolverato di farina. Zio Antonio rispose tutto inorgoglito che la focaccella lo sarebbe stata anche l’indomani e i giorni seguenti e le settimane seguenti e anche i mesi e gli anni a venire.
Gli altri cavalieri che li accompagnavano prudentemente non chiesero la focaccella, si chiesero soltanto cosa c’era in quel cibo che lo rendesse perenne, fragrante anche in vetustà. Una manna divina, forse, la formula che sconfigge il tempo, la scoperta genetica di un nobel della chimica?
Antonio, che la sapeva lunga sui metodi del suo forno, vedendo gli sguardi perplessi e la domanda implicita dei compagni di scampagnata, li rassicurò.
«Il segreto della focaccella è che il falso supera il vero, e voi siete sciocchi se non credete che la finzione sia meglio della realtà. Rosita, anche lei finta e eterna gallina, lo sa».
I compagni non dissero nulla. Antonio continuò a tenere le redini, guardò l’orizzonte, poi chiese al nipote: «Ti piace?»
«Moltissimo zio, e vera o falsa non importa. È buonissima!»
Antonio mostrò uno di quei sorrisi soddisfatti che lo facevano sembrare un attore del cinema, e partì al galoppo.