La liberal pezzent

Non sono una radical chic. Anche se molti mi prendono per tale, chissà perché.
Diciamocelo: mi piacciono poco e non piaccio loro, anzi, mi evitano come la peste. Gli abbasso il target. Primo: non sono sinistrissima da yacht, né cinquastella anticonformista in delirio – ma solo di sinistra molto moderata, inoltre: non sono ricca, ma di un banale ceto medio.
Una volta possedetti un Rolex, d’acciaio, me lo aveva regalato un fidanzato, che l’aveva ricevuto per la prima comunione – ho i polsi molto sottili. Ma me l’hanno rubato dei tossici. Uso Swatch colorati.
Sto sempre su Facebook; è poco elegante, ma come invalida non sono in grado di parlare al telefono di gossip per ore, di partecipare a vernissages splendenti, a galà con danze, a dibattiti supremi, presentazioni ufficiali dei più recenti capolavori letterari. Non ho né lo smartphone figo, e neanche il computer con la mela. Sono molto internauta, ma per handicap. Non odio Renzi.
Sono grassa. Mi vesto alle bancarelle, e ogni tanto alla boutique taglie forti sotto casa. Non mi reco a New York, né a Portofino, né in atolli del Pacifico. Non sono intellettuale, ma intelligente – sì, sì eccome. Anche i miei amici sono circa come me. Non sono tinta né rifatta, eppure sono bellissima – come vecchia si intende. Sembro persino elegante, perché ho molto occhio per gli stracci.
Io sono la liberal pezzent.

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