Daenerys è femmina. E all’inizio saremmo portati a pensarla soggiogata alle logiche familiari e già assunte come ovvie, sul commercio cromosomico e le alleanze tra eserciti, che necessitano di un matrimonio per essere sancite (ergo: del sacrificio di una sedicenne).
Ma.
Con Daenerys, ogni frase inizia avversativa.
C’è un rivolgimento all’XX del potere XY, fin dall’amore con Drugo. Da subito, Daenerys cambia la prevedibile sconfitta in acquisizione, il suo conquistare ha ogni volta una piega di riconoscimento e magnifica rivalsa.
Una ragazzina dinasticamente figlia dello zar assassinato, potrebbe crepare sconosciuta e dimenticata mentre rivendica capricciosamente il suo diritto al trono.
Ogni pregiudizio maschilista verrà sbaragliato da Daenerys con un uso della strategia sorprendente come una secchiata fredda in faccia.
Alla forza Daenerys oppone una ragionevolezza giurisprudente che trascende fino alle ultime conseguenze della giustizia: lei è già ‘lo scettro’.
E’ l’unico personaggio che mi fa gonfiare dalla gioia ogni volta che fa qualcosa, perché il suo carisma è assoluto, è sul popolo, sui deboli, su quelli che apparentemente non servono per vincere una guerra, gli schiavi (infatti: Apparentemente). E’ la fica più potente che si sia mai vista rappresentata in letteratura o sullo schermo, più brava di chiunque a gestire la base, una persona che sa fisicamente, istintivamente che significa ottenere il proprio scopo. La seguirei, anche capendo l’aspirazione al trono che la squalificherebbe come ‘madre’ (mysha: orde di schiavi la chiamano così, guardandola passare come un san gennaro salvifico), anche capendo la sua profonda determinazione al comando.
Daenerys, che non brucia tra le fiamme, è, diciamo così, la madre dei draghi. Sbandiera che il drago non è uno schiavo, ma se ne serve per la sua battaglia al recupero della dignità come di un cannone volante e invincibile.
Martin, autore del capolavoro got, potrebbe farla morire: tutti muoiono, in questo mondo più vero del vero. Ma io vi dico che Daenerys, Kalheese, Mysha (ha più nomi di un nobile spagnolo) è già nelle canzoni della gente che aspetta il suo avvento e, anche se morisse (del che dubito: ingenuamente ho fede), sopravvivrebbe un mito tale attorno a lei, che i suoi luogotenenti potrebbero vincere solo per la prossimità a lei che hanno avuto.
Del trono di spade si parla in terapia, si metaforizza per accelerare la comprensione di un concetto, si discute sulle sorti e si aspetta la puntata successiva con malcelata trepidazione.
Nun me ammazzate Arya!, e nemmeno Thyrion!, e tantomeno mai sia Daenerys!, peccarità!