Silvia Nebbia intervista Edmonda Aldini
C’è stato un tempo in cui vivevamo “tra Colossi dell’Arte e dell’Ingegno” e non ce ne accorgevamo nemmeno; ma alcuni, il privilegio di vivere immersi nell’Arte e di diffondere Cultura l’hanno avuto. Altri hanno sofferto gli orrori del Novecento e possono raccontare ai ragazzi di cosa è capace il genere umano… Ma si può lottare contro il Male anche distribuendo Bellezza.
Edmonda Aldini, un colosso della prosa, con la sua medaglia al Merito Europeo per mezzo secolo di successi teatrali, è Ambasciatrice della Cultura classica italiana nel mondo ma non per questo è una tediosa Maestra, anzi. Il suo “Trittico Gassmaniano”, da poco uscito per i tipi di Aliberti, è un libro importante e gustoso, ricco di episodi curiosi e sapidi, oltre che di versi poetici.
D.(via Skype)- Come ha incontrato l’Arte, lei, che ha origini contadine?
Ald- Sono nata a Reggio Emilia. Mio nonno recitava la Divina Commedia e mio padre era appassionato di teatro sociale. Nel dopoguerra c’era molto fermento e nei campi e nelle fabbriche si desiderava crescere e migliorare. Tanto che una sera, al circolo operaio, il curatore non si peritò di chiedere a un alto dirigente delle Officine Reggiane un contributo per le attività culturali. Compresi che (allora) per la Cultura si potevano chiedere denari senza intimidirsi. Io avevo già partecipato ad eventi di poesia. Così, quando seppi che c’era il concorso per una borsa di studio all’Accademia Silvio D’amico, scappai a Roma e, sebbene quattordicenne, feci il provino e vinsi la borsa. Erano però solo diecimila lire al mese e non bastavano per vivere a Roma nel 1950.
D.- Mamma Alderice non poteva aiutarla?
Ald- Aiutati che Dio t’aiuta! Decisi di andare al Circolo a chiedere sostegno ma la fabbrica era occupata e ci furono disordini. Fuggii verso la mensa e, sapendo della conquistata Borsa, tutti mi spinsero a non demordere. Suonai molti campanelli, sotto la pioggia, finché pensai al Credito Agricolo e volai là, brandendo orgogliosa il mio telegramma. Vedendomi fradicia, il direttore ebbe un tentennamento ma poi mi annunciò che avrebbe messo ai voti il mio mantenimento per tutto il triennio dell’Accademia. Dove infatti entrai trionfante e tremebonda tre giorni dopo. Non smetterò mai di ringraziarlo.
D.- Come ha conosciuto Gassman?
Ald- Fu proprio all’Accademia. Coi miei compagni di corso, Camilleri, Ronconi, Mauri, Vannucchi una mattina vedemmo entrare il Presidente D’Amico con a fianco il Mattatore: era lui il nuovo docente di recitazione poetica. La sua prima lezione (D’Annunzio, Manzoni, Dante), ci lasciò rapiti. Da lì partì il mio devoto rapporto col Verso e col Maestro, che mi incoraggiò a seguirlo sulla strada dei grandi Classici. Ero ammirata e felice, ma… rimaneva da risolvere Come giungere a tanta bravura… E Gassmann citando Moliére mi disse:
“L’Arte è una dura conquista, che esige dedizione totale. Mi mostri quanto è disposta a lottare e io vedrò di indicarle la strada giusta”.
Dopo il diploma entrai nella compagnia di Vittorio e ben presto divenni la “leading lady” del Maestro.
Edmonda Aldini, sempre curiosa di nuove forme di comunicazione (ha fatto anche tv, radio, cinema e persino del Teatro-Cabaret con Franco Nebbia), ha vinto infiniti premi e nel suo “Trittico” racconta l’incontro con molti altri giganti, come Ferreri (Yerma), Ronconi (Orlando Furioso), Pasolini (la Ricotta), Theodorakis (Canzoni in esilio). Un mondo meraviglioso da far conoscere a una generazione ignara, a cui lei, magnifica novantenne (prossima senatrice a vita?), può insegnare che l’Arte è riscatto, è libertà.
Era l’attore preferito di mia mamma