E basta parlare di robe astratte come elezioni, migrazioni, disoccupazione. Parliamo di cose serie: il malefico carrello della spesa con ruotina sminchiata, per esempio. Perché nessuno se ne occupa?
Appena cominci a spingerlo, il carrello emette un debole lamento: gnik gnik. Una ruotina dondola a destra e a manca, come in preda a crisi epilettica. E che sarà mai?
Già alla prima confezione di pancarré la musica cambia. Il carrello si impunta, va storto, non curva. Ce la faccio, ce la faccio.
Hai sottovalutato la situazione, ma ormai sei a metà della lista, ti incaponisci: tengo duro. Magari è meglio tirare. Compri cento metri di corda da bucato, ti imbraghi come un bue all’aratro. Dopo quattro metri si innesca un effetto pendolo, il carrello abbatte prima gli scaffali di destra, poi quelli di sinistra.
Rinunci al resto della spesa e torni alla trazione posteriore. Il tragitto fino alla cassa diventa il rally di Montecarlo, con traversi e derapate. E manco ti rimborsano la corda da bucato, ’sti pidocchiosi. Fai presente il problema alla cassiera. Senza smettere di ciancicare la gomma, quella risponde: «Lo sappiamo».
«E non fate niente?» vorresti dire, ma hai il fiatone, l’acido lattico ti sta mangiando vivo, perciò lasci perdere.
Ma ecco l’idea geniale: annodi una borsina stracciata sul manico dell’infernale veicolo, così la prossima volta la riconosci. Mentre lo incastri tra i suoi consimili ti accorgi che nove su dieci questi hanno una busta legata al manico.
Lì capisci il sorriso volpino di certuni che bighellonano nei posteggi. Ti rincorrono con un euro in mano, indicano il carrello e strizzano l’occhio. «Non si scomodi a riportarlo indietro, glielo prendo io».
Adesso che ci penso, erano le rare volte in cui il carrello andava dritto.