Caro Massimo, il massimo per me, ho appreso la notizia della vendita definitiva della Beneamata, detta anche Pazza Inter, a un signore grassoccio con la faccia piatta e i denti piccoli, che sorride sempre. Questo signore, con un nome da re di una saga, il Grande Thohir, viene da una terra lontana, umida e lussureggiante. Gli hai consegnato un pezzo della tua vita, del cuore, della memoria, della tua passione. Ti deve essere costato più di tutti i soldi spesi nei lunghi anni dell’indimenticabile connubio.
Tu mi conosci poco, ma l’Inter è nella mia esistenza fin da tenera età, ne ho persino scritto in racconti miei e in libri dedicati alla squadra. Ero sugli spalti di San Siro dietro la porta di Costa Pereira in una notte di diluvio del 1965, quando la palla di Jair scivolò lentamente dentro e noi vincemmo la Coppa dei Campioni. Puoi dedurre da qui la mia veneranda età. C’era il tuo papà, allora, con i capelli bianchi e il fiuto per il petrolio. Non abbiamo fatto in tempo a vederti bianco come lui, da presidente.
La trattativa per la cessione dell’Inter al Grande Thohir è stata estenuante. Volevi le garanzie, come un padre che da in affido un figlio che non può mantenere e deve fidarsi della nuova famiglia. Hai ottenuto il diritto di visita con un filo di patria potestà. Hai mantenuto il legame da buon genitore. Perché tu sei una brava persona, Massimo, il più pulito di tutti nel calcio. Tu e la tua famiglia tutta mi piacete, i tuoi figli e tua moglie che fa la spesa e se la porta a casa con la bicicletta e voleva fare l’assessore di sinistra e non la velina anziana. L’ho conosciuta, la tua bellissima famiglia, una domenica pomeriggio di tanti anni fa, nella villa di Imbersago, proprio accanto a quella di colei che sarebbe diventata la mia migliore amica. Destino? Chissà. Nel campo di calcio immerso nel parco, con i vasi Ming negli spogliatoi, c’è stata una partita femminile. Da un lato figlie tue e amiche, dall’altro sfidanti e amiche di sfidanti. Ti ho fatto un gol, Massimo, tu non lo sai.
Due a due è finita, finita anche sulla Gazzetta dello Sport.
Volevo dirti, Massimo, che mi hai dato tanto, ogni umano sentire: euforia, tristezza, avvilimento, gioia, speranza, illusione, certezze. La felicità assoluta del Triplete. E con queste poche righe ti ringrazio a nome di quel nero e blu tanto chic.
Devotamente e per sempre tua
Valeria Viganò