Una fanciulla corre sulla spiaggia. Non è sola. Ci sono le amiche che giocano, raccolgono conchiglie, le appendono a fili e ne fanno collane. L’orizzonte è vasto, il mare sconfinato. La fanciulla bagna prima un piede, poi l’altro. La distesa salata è una vertigine, un abisso che chiama il suo nome.
Dio la vede dall’alto e se ne innamora. La seduzione ha corna di luna: il dio s’incarna in un toro bianco che emerge dall’onda. Ora la fanciulla sa cosa vuole, vuole accarezzare quel toro. La forza ha forme mansuete e inoffensive, è questo che attrae ogni adolescente, sospesa tra la paura e la fascinazione.
Il toro cala il muso nell’acqua e offre il collo smisurato alle dita affusolate. La carezza è fatale. In groppa alla bestia splendente, la fanciulla si perde nel mare.
Dalla sabbia africana verso la luce bianca del nord, la prima migrante. Il suo nome è Europa.