La passacaglia

Millenovecentosettantasette. Una settimana prima della maturità. A Santa Maria sopra Minerva è in programma un concerto per organo: Bach e, in particolare, la passacaglia in do minore. Andavo pazzo per quell’opera. Avevo due biglietti, ma il mio amico Pierluigi (da cui avevo studiato nel pomeriggio) mi dette buca. Su via dei Cestari incrocio un gruppo di femministe di ritorno da una manifestazione a piazza della Rotonda. Mi sento chiamare. Paola, una mia compagna di classe. Appena scopre dove sto andando, s’impossessa del dizionario di latino che tenevo sotto il braccio e me lo sbatte sulla testa, urlandomi: «Alienato!»
Dopodichè, colta da un istantaneo senso di colpa, mi abbraccia: «Scusa, scusa, ti ho fatto male?»
Io, impassibile, rilancio: «Dai, vieni al concerto con me!»
Nella chiesa tutti la guardavano. Indossava un lunghissimo abito a fiori e zoccoli d’ordinanza. Guardavano i suoi occhi verdi e la cascata di capelli rossi. Una madonna. Si siede composta e resta in silenzio. Ogni tanto si volta a guardarmi, quasi intimorita. Il primo brano sono le variazioni Goldberg trascritte per organo. Non le piace e neppure a me fa impazzire.
Nell’intervallo andiamo a vedere la tomba del Beato Angelico e la cappella Carafa. Dinanzi all’annunciazione di Lippi le dico: «Somigli alla madonna!»
«Voi maschi volete noi donne vergini e sante, per avere poi la scusa di andare a puttane!»  Insisto. «Guarda, ti somiglia!»
«In effetti c’è una certa somiglianza. I miei sono di Firenze. Vorrà dir qualcosa?»
Durante l’esecuzione della passacaglia mi prende la mano. È attenta. Non si perde un passaggio. Le note sembra che la pungano. Su quelle alte strizza gli occhi e mi stringe più forte. Al ritorno, sul 44, si siede sulle mie ginocchia, mi poggia la testa sulla spalla e si addormenta. Non vedo più niente. Solo un’ombra rossa. Sotto casa mi abbraccia e mi bacia le labbra, due volte. «Sei tanto carino, ma non posso fidanzarmi con te. Io sto già con Cecilia!»
«Cecilia chi, quella cicciona del II D?»
«Non è cicciona! È robusta.»
«Vabbè, ma se ti mettessi con me non sarebbe un tradimento. Io sono un maschio!»
«Ora che mi ci fai pensare è vero! Senti, ne parlo a Cecilia e ti faccio sapere.»
«Ok, aspetto!»
La rividi agli esami di maturità, ma non mi disse nulla. Non mi salutò neanche.

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