Da un paio di giorni mi capita di fermarmi a far colazione in una tavola calda che fa una pizza rossa che ben s’adatta alle mie necessità e ai miei desideri. Dietro il vetro di una vetrina, dando le spalle al bancone mi appoggio con una bottiglia d’acqua sul ripiano e una striscia di pizza in mano, stando seduto a guardar fuori quello che accade, mi gusto quanto appena preso. Qui la pizza rossa è come quella del fornaio e chi è di Roma sa cosa intendo.
Tante sensazioni arricchiscono il sapore e quei momenti che passo stando là. Cose di quando ero ragazzino e non solo.
Le merende a metà mattina o di pomeriggio, a volte. L’orgoglio delle prime volte che andavo a comprarla da solo, dando alla persona dietro il banco la dimensione del pezzo in base al valore della moneta che avevo – orgoglio per l’autonomia del gesto. Il senso di libertà di mangiare per strada. L’attenzione alla croccantezza cedevole della base che tende al dolce maritato all’acidulo del pomodoro, l’untuosità dell’impasto richiamato dall’olio versato insieme ai pelati per condire quel piccolo capolavoro di pizza. La meravigliosa sua sollecitante sapidità che rende desiderata, e per questo appagante, la bevuta direttamente dal collo della bottiglia (meglio se fosse birra, certo, ma è mattino per cui si tratta di acqua) con il liquido dissetante che irrompe in bocca a spegner la sete e ti rende pronto agli altri bocconi. La piacevole prosecuzione con i restanti morsi di pizza rossa che giungere fino all’ultimo, che suggella per me la soddisfazione se, come chiedo, coincide con l’angolo che nessuno parrebbe, si dice, volere. C’è chi rifiuta i bordi di molti alimenti, chi scansa il grasso del prosciutto, chi vorrebbe tutto del centro e del magro.
Dai bordi, per me, si vede meglio e si gusta di più il mondo, potendolo osservare dalla periferia – tutto è più grande, gustoso, completo.
Di fronte a dove siedo a far colazione, dall’altro lato della strada, c’è un centro revisioni. Vi si accede tramite una rampa in discesa. In discesa perché se devi sottoporti a una revisione l’accesso deve esser agevole, facilitato. Forse è un suggerimento. Per me magari è tempo di fare un tagliando e capire come poter restare in circolazione. Ci rifletto restando ancora seduto a osservare l’insegna che sta sopra la rampa. “Centro revisioni”, al plurale. Giustamente, perché non sono poche le cose che andrebbero riadeguate alla situazione attuale. Non è perché oggi è lunedì, ma questo maggio mi sembra avanzi incurante di tutto. Questo inesorabile suo procedere mi appare irrispettoso di ciò che provo. Il tempo trascorre e mi trascina lontano, con la sua indifferenza. Non mi incalza e non mi parla. In silenzio mi porta via.
Una strisciolina di pizza rossa per resistere, una pausa, un’interruzione che assomiglia a un tentativo di fuga lontano che invece alla fine è un ritorno di tante mie cose che confluiscono in un’unica corrente, che comunque procede oltre le illusioni e i desideri.
Il bar accanto all’ufficio -si da una settimana ho un ufficio qui a Prati dove lavorare- ha in frigo la Raffo, birra di Taranto. Se, come sembra, prevale la sete, la Raffo riuscirà a tradurmi in terra amica – un piccolo viaggio all’ora di pranzo.
Adolescenza Memoria Roma Prati
slurp – pizza rossa e libertà – anzi, da mangiare assieme su una panchina in piazza della Libertà
sì
ecco