La porta

Cerco di immaginare come mi apparirebbe il mondo se fossi una porta o l’anta di un armadio. La porta di una camera da letto, per esempio. Vedrei persone entrare e spogliarsi. Sdraiarsi per dormire o far l’amore. Restare al buio, immobili, per ore. Poi alzarsi. Rivestirsi. Andare via. Non avrei alcuna idea del mondo esterno. Ignorerei l’esistenza delle strade. Delle automobili. Dei dirigibili. Ignorerei la nebbia. L’odore saturo delle friggitorie. I pesci pilota abbarbicati ai fianchi degli squali. Il vento. L’aria incerta del tramonto. Il raggio verde. Se però fossi una porta esterna, ignorerei il calore delle stanze. I giochi dei bambini la domenica. I baci dati in cucina. Le parole tenere. Il profumo della biancheria appena stirata. L’odore del bucato tolto dalla lavatrice. Il fischio del bollitore. La dolcezza del caffè dentro la moka. Per conoscere un po’ di entrambi i mondi, dovrei essere l’anta di un armadio. Chiudermi sull’alfabeto dei risvolti. Saper leggere l’ordito di una giacca. La trama consumata di un cappotto.

 

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