Valeria Lukyanova è una ragazza ucraina nata nel 1985. Una bella ragazza: snella, bionda, forse un po’ troppo pallida. Un tipo nordico, che non sarebbe passato inosservato. Eppure, la bellezza naturale a Valeria non basta. Vuole di più. Vuole cambiare. Vuole trasformarsi nel proprio ideale. Soltanto che, il suo ideale di assoluta bellezza non è una modella, un’attrice di Hollywood o una di quelle ragazze di cui è pieno il web e che non si sa bene perché siano famose: no, il suo ideale di bellezza è la bambola Barbie. Tempo fa l’industria dei sex toys ha creato le RealDoll: bambole così perfette e naturali da assomigliare a donne vere. Valeria è l’opposto: talmente artefatta e innaturale, a forza di trucco e chirurgia, da sembrare davvero una Barbie. Dove una volta c’era il modello umano, ora c’è quello artificiale, il grado-zero della femminilità. Il capovolgimento di prospettiva è chiaro: l’umanità, anche la più perfetta, porta con sé difetti, errori, potenzialità degenerative. L’artificialità annulla tutto questo. Un modello artificiale è perfetto per sempre, annulla i rischi di decadimento, gode l’aura dell’incorruttibile. Come se l’obiettivo dell’umanità non fosse la liberazione dell’anima dal corpo – come auspica ogni spiritualità – ma la liberazione del corpo dall’anima. Nel suo viaggio verso il Brave New World che ci attende dietro l’angolo, Valeria non è sola. Accanto a lei c’è Justin Jedlica, il Ken umano (sono assieme nella foto che vedete qui sopra). Il loro Eden; una casa di plastica rosa.
Che brutta