La ragazza nella nebbia

Andare o non andare? Visto che la critica lo fa abbastanza a pezzettini (non tutta), si decide di soprassedere, poi invogliati dalla bella recensione di un amico giornalista che vive a Bolzano, ci si va. Per ragioni del cuore, innanzitutto, perché il film è girato in Alto Adige e i luoghi sono noti: il lago di Carezza, Nova Levante, la Val Sarentino, Vipiteno. Anche se il romanzo di Carrisi (Longanesi 2015) e il film che dirige (lo scrittore pugliese è alla sua prima esperienza come regista) sono ambientati in un’imprecisata valle alpina, più simile alla Val d’Aosta nella parlata e nei nomi dei suoi abitanti. E perché la nebbia che avvolge i paesaggi è finta, in Sud Tirolo non c’è.
La trama è presto detta. Nella piccola località di montagna abbandonata dal turismo, poche anime chiuse in se stesse, in maggioranza appartenenti a una setta religiosa oscurantista, si verifica la scomparsa di una ragazzina. In un primo momento si pensa a una fuga adolescenziale, poi il timore che possa essere stata rapita, prevale. A sovrintendere le indagini arriva dalla città un ispettore dal passato molto chiacchierato, che ben presto trasforma le ricerche in un enorme circo mediatico.
Ma, un conto è leggere il libro – di cui peraltro, come succede per tanti altri buoni gialli ci si dimentica aprendo quello successivo – un conto vedere il film che lo stesso autore ha girato. E qui, nonostante l’atmosfera tesa che ti tiene avvinta per oltre due ore, la tenuta della storia è meno scontata. Se nel romanzo, infatti, Carrisi ha a disposizione 400 pagine per dispiegare il groviglio della trama, scavare all’interno dei personaggi, rendere credibili i colpi di scena che si susseguono, nel film tutto resta criptico e di difficile lettura. E alla fine occorre rielaborare tutto per capire i pochi – e celati – dettagli che consentono di dare un senso alla storia.
L’unica cosa in cui Carrisi riesce a pieno è rendere con efficacia e realismo l’invasività ottusa dei media, l’assalto dei reporter al presunto “mostro” e alla sua famiglia, i deliranti talk-show che montano e smontano le vite delle persone senza curarsi delle conseguenze. Un meccanismo in cui non si salva niente e nessuno, men che meno la ricerca di una qualche verità oggettiva.
Bella la fotografia che sottolinea la cupezza del paesaggio invernale, aspro e senza pace come i volti della gente che vi abita.
Nel ruolo dell’ambiguo ispettore Vogel, un ottimo Toni Servillo, che finalmente abbandona la sua “maschera” un po’ stereotipata, per concedersi una recitazione meno enfatica e teatrale. Da segnalare Jean Reno, nei panni dello psichiatra di paese. Bravo anche Alessio Boni, in versione yeti – barba fluente e chioma scompigliata – che, ormai cinquantenne, alla bella gioventù ha detto addio. Da citare, anche se irriconoscibile, Greta Scacchi nella parte di un’anziana e battagliera giornalista. Ma buon cast e buone inquadrature non bastano. La ragazza nella nebbia è un film cui manca qualcosa che leghi e armonizzi trama e situazioni, personaggi e ambienti. E, soprattutto nel finale, anche per chi ha letto il libro, la nebbia è fitta, fittissima. Da tagliare a fette.
La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi – Italia, Francia, Germania 2017

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