E’ il 1999 e a Fenyang si celebra il Capodanno e l’arrivo del nuovo millennio. Tao è giovane e carina e ha due spasimanti: uno assai modesto che lavora in miniera; l’altro, di rango più elevato, che nutre grandi progetti per il futuro. Dopo molti ripensamenti Tao sceglie l’uomo che sposerà e da cui avrà un figlio.
La scelta di Tao condizionerà tutta la sua vita, quella degli uomini che l’hanno amata e quella di suo figlio.
Il regista Jia Zhangke, che ambienta il film proprio nella sua città natale, sceglie di raccontare, insieme alla vicenda di Tao, la Cina degli ultimi vent’anni e ad azzardare persino lo scenario in un prossimo futuro (la storia si conclude nel 2025).
Con un ritmo lento e in apparenza minimalista, Zhangke descrive il passaggio da un’economia rurale ancora legata allo Stato-Nazione al boom capitalista e consumistico. Di come le tradizioni, anche le più radicate, abbiano gradatamente lasciato il passo alla modernità e all’omologazione con usi e costumi delle società occidentali. Della costante migrazione dalle periferie alle grandi città, e persino di trasferimenti definitivi in altri paesi, in cerca di fortuna e ricchezza per sé e i propri figli. In cui succede che i padri non sappiano parlare la lingua del luogo e i figli non conoscano quella dei padri.
Tao, che in apertura del film si dimena spensierata in un ballo di gruppo, diventa man mano consapevole e adulta. Il tempo trascorso ha lasciato inalterati i tratti del viso, ma è come se le avesse rubato il sorriso e la luce dagli occhi.
L’ansia di modernismo non ha però spazzato via ogni identità. Bellissima la scena in cui la donna, con una concentrazione quasi mistica, prepara i ravioli, il ripieno di carne sminuzzato con la mannaia, gli involtini di pasta vaporosi stesi sul tagliere.
Tra recente passato, presente e non lontano futuro, “Al di là delle montagne” è un melò quasi epico per l’intensità dei caratteri e dei destini in gioco. Non solo quelli di Tao e dei suoi amici, ma di tutto un popolo che è passato dalla dittatura di un regime comunista a quello di un capitalismo con nulla democrazia e scarsi diritti sociali (emblematica la storia dell’amico malato di cancro che non ha i soldi per curarsi).
Zhangke, profondamente influenzato nella sua adolescenza dai fatti di piazza Tienanmen, viene inizialmente censurato in patria. Ma la vittoria del Leone d’Oro al Festival di Venezia per il suo splendido “Still life” (2006), lo consacra tra i migliori registi cinesi contemporanei. Tao è la bravissima Zhao Tao, già interprete di “Io sono Li“, del regista italiano Andrea Segre.
“Al di là delle montagne” di Jia Zhangke (Cina, Francia, Giappone) 2015