La scoperta del mondo

Mio padre fece in fretta a vincere la delusione di non aver avuto un figlio maschio. A sei anni mi aveva abituata ad andare in bici. Se mi rompevo le ginocchia, non venivo scoraggiata. A 13 anni la Bici era già quella per adulti.
L’impazienza perché raggiungessi la maggiore età fu vinta con l’acquisto per me di una 500 usata, di colore azzurro perché servisse a farmi fare i primi “passi”..
Mia madre mi pensava come miracolata, ogni volta che tornavo intatta dalle prove “di guida”. Il giorno in cui presi la patente, mio padre mi regalo’ una 500 usata, di colore beige. Teneva molto a farmi stare lontana dalla sua 1100D.
Alla fine di ogni anno scolastico, mia madre voleva che partissimo insieme per le vacanze estive, per passare “da una casa all’altra” era il suo lamento.
Ovviamente da quando avevo una 500 tutta mia, ero io a guidare verso il mare. Mio padre ci raggiungeva nei fine settimana. Inutile dire che scorrazzare in macchina mi rendeva felice. Ma,in mancanza di reali e complete libertà di movimento, volavo con la fantasia e immaginavo di appartenere alla generazione più spericolata degli anni ‘70. Desideravo anni pericolosi e alternativi, convinta che il male si annidasse nella quotidianità. Invece studiavo di brutto per raggiungere la laurea, condizione indispensabile per partire alla scoperta del mondo.
Le vacanze estive erano lunghe, e io a un certo punto mettevo da parte la 500 e mi muovevo in bici. Ora avevo una Graziella bianca. Un giorno d’estate, attraversai la strada Domiziana per telefonare da un telefono a gettoni, al fidanzato “clandestino” rimasto a casa.
All’uscita del bar, la bici non c’era più. Tornando a piedi, immaginavo la reazione di mia madre, che fu superiore alle aspettative.Pronunciò infatti parole indimenticabili:”la bici non te la compriamo, vai a lavorare come facciamo io e tuo padre e te la compri con quello che guadagni”
Vinsi la disperazione del momento, andando ad un altro telefono a gettoni, con la mia amica del cuore pronta a testimoniare quanto riferivo solennemente a mio padre. Chiesi di portarmi le domande già compilate indirizzate a tutte le prefetture d’italia. Avrei accettato di lavorare in qualsiasi comune pur di guadagnare, rinunciando alla pratica di aspirante avvocato in uno studio legale di prestigio.
E il primo agosto di quell’anno presi servizio presso una prefettura del nord. Avevo capito intanto, che ciò che mi caratterizzava, nonostante l’aspirazione all’indipendenza, era una naturale propensione alle contraddizioni, per cui ritenevo il matrimonio ancora una tappa necessaria e indispensabile per guadagnare la stima di me.
Ma questa fu un’altra storia.

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