Illustrazione Stefano Navarrini

La signorina digitale e il signor pennino

Per una coincidenza come tante
nell’elegante ufficio di un notaio
a fianco d’una giovane stampante
si ritrovò un antico calamaio.

Lui molto signorile nel suo argento
ma del tutto svuotato dell’inchiostro
dall’alto dei suoi anni, più di cento,
la vide e si convinse ch’era un mostro

e non fu tanto per l’aspetto mesto
di quella sua corazza inelegante
ma più per il rumore assai molesto
con cui sputava fogli a ogni istante.

Le disse «che tremenda confusione
comporta, signorina digitale,
l’inutil suo produrre a profusione
codesta sua scrittura sempre uguale!

Che tempi, quando giovane ero io
ancora fine e limpido il mio tratto
e solamente un lieve scricchiolio
veniva dalla carta al mio contatto!»

«Signore, mi dispiace darle noia»
rispose «non è certo colpa mia,
lavoro tutto il giorno senza gioia,
son nata senza la calligrafia».

E tal fu l’imbarazzo che provò
di fronte a quel rimprovero feroce
che dentro lei qualcosa s’inceppò
rimase d’improvviso senza voce.

Solerte giunse subito una mano
a sollevarne rapida il coperchio
e tal fu l’emozione dell’anziano
che fece il suo pennino un semicerchio.

Ripresosi dal forte capogiro
e con il suo contegno abituale
lui chiese alla ragazza in un sospiro
«È suo questo profumo celestiale?»

Fingendo di non esser lusingata
lei con civetteria fece spallucce
e disse con fiducia ritrovata:
«Signore, credo sian le mie cartucce»

«Profumo di passata giovinezza!
Di cose che facevo con ardore!
Ragazza, or vedo sì la tua bellezza,
perdonami, se puoi, del mio livore.

E ora mi vergogno del mio ardire
ma freme il mio pennino al sol pensiero
e spero che lei mi potrà capire
è tanto che non scrivo per davvero.

Mi scuso d’esser stato tracotante,
per questo ora le chiedo per favore
se posso la mia punta un solo istante
intingere in codesto dolce umore»

Pensò per un istante d’esser pazzo
di certo il giorno dopo l’impiegato
trovando sopra un foglio uno svolazzo
a dir che lì qualcuno s’era amato.

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