Non capisco una sega di musica, ma dopo il primo ascolto della quarta sinfonia di Brahms eseguita dai Wiener Philarmoniker di Carlos Kleiber, mi sono accorto che, come se fosse disceso lo Spirito Santo, riuscivo a leggere la partitura, a riconoscere le note, i temi, il loro sviluppo, l’esposizione e la ripresa. Oppure, come per gli apostoli, che continuavano a parlare in aramaico ma gli stranieri riuscivano a comprenderli, continuavo a non capire niente di musica ma la quarta sinfonia di Brahms cominciò a capire me.
Brahms e Kleiber mi hanno fatto una seduta psicoanalitica di quaranta minuti, consentendomi di dar libero sfogo alle parole e al flusso dei pensieri, ma anche agli istinti più repressi. Nella seconda parte del gigantesco primo movimento, hanno accettato che salissi in piedi sul lettino per sbracciarmi un po’, illudendomi di aiutare l’orchestra a districarsi da quel groviglio di montagne russe: magari frenarla in discesa, ovvero spingerla in salita.
Arrivati tutti quanti – Johannes, Carlos, io, l’orchestra e pure la psicoanalisi – al punto più alto, ebbi la netta percezione che non fosse più possibile andar oltre. Eravamo ai confini dell’Universo. Ci dovevamo fermare, per forza. Ma il genio di Amburgo ci fa ripetere tutto da capo, a velocità impressionante, e poi, inaspettatamente, con la bacchetta di Kleiber, richiama gli archi e li spedisce in un’epica cavalcata per guidare i fiati e i timpani nell’apoteosi della musica. Mi siedo sul lettino. Brahms accende un sigaro puzzolente. Kleiber apre la finestra, si accomoda al piano e inizia a suonare l’andante moderato. Poche battute, poi si ferma e comincia a raccontare. Per colpa di quel sigaro, dice, questa sinfonia rischiava di andare perduta. Il maestro aveva lasciato i fogli della partitura sul tavolo della sua casa di campagna e in un piattino il suo sigaro acceso. Un colpo di vento e i fogli iniziarono a prendere fuoco. Brahms era in veranda, perso come ora dietro i suoi pensieri. Per fortuna era lì Greta, la sua fidata governante, che prontamente salvò le note dall’oblio.
Mentre l’orchestra attacca il rondò, il maestro sorride giocoso con il suo faccione. Carlos lo guarda con aria di rimprovero, quasi paterno. Se il fuoco avesse bruciato la quarta sinfonia, Brahms sarebbe stato un buon musicista romantico, non il migliore, e Kleiber sarebbe stato un bravo direttore d’orchestra, non il migliore. Soltanto io sarei stato quel che sono: uno che non capisce una sega di musica.
L’ultimo movimento, sul tema di una cantata di Bach, Kleiber lo fischia mentre scendiamo le scale; come per rammentarmi che la musica, la vera musica, non finisce mai.