La sindrome di Otello

 

In principio non lo sono.
Sorrido, scherzo, converso amabile con tutti.
Tu il comico e io la spalla. Sono rilassata.
Ma è un attimo: lei ti guarda, parla solo con te, mi esclude, e il mio sorriso diventa una paresi, i denti spariscono, la bocca una mezza luna all’insù, comincio a respirare forte solo con il naso, come un toro, pronta alla carica.
Smetto di guardarti, ti ignoro.
Ecco, lei mi fa delle domande, rispondo con dieci secondi di ritardo: «Dicevi cara?» e solo con avverbi: «Certamente… assolutamente».
Tu intuisci, ti muovi nervoso, sai perfettamente a cosa sto pensando. Lei, ignara, continua nel suo show: ammicca, sbatte le ciglia, la bocca a culo di gallina.
La mia paresi tira. Gli altri non si accorgono di nulla.
È finita. Ciao ciao, alla prossima. Torniamo in macchina, muti, gli altri ancora sul marciapiede.
Saluto dal finestrino della macchina con la manina, come la regina Elisabetta, e sorrido… con il mio sorriso da paresi.
Svoltiamo l’angolo e… Hulk al mio confronto è un dilettante.
Il finto smile diventa un urlo, la finta cortesia sgarbatezza, l’amore odio.
E voglio morire.

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