Una serata con Franco Arminio, ecco cosa.
Un tuffo silenzioso, senza spruzzi, lontano dagli antifurti che suonano, dalla movida che impazza idiota oltre le finestre, dal tempo alcolico che abbiamo lasciato fuori e nel quale siamo condannati a tornare.
Non lo conoscevo, Franco. Ricordavo che Roberto Saviano lo aveva definito “uno dei poeti più importanti di questo paese”, ma hanno senso le classifiche quando si ragiona di poesia? E però forse ha ragione lui, mi dico tornando a casa col suo, col mio libro in mano, impreziosito dalla dedica che ha voluto scrivermi, a matita. Una dedica semplice e abissale come i suoi versi.
“A Giorgio e al futuro delle sue storie!”
Avreste mai immaginato qualcosa di più bello, di più autentico?
Le poesie di Franco Arminio parlano di terra, di paesi, di alberi. Di morti che camminano al nostro fianco, chiacchierano con noi, accarezzano con dolcezza la nostra paura, la nostra disperazione.
“Bisogna saperci fare con i morti, tenerli sempre con noi. Io adesso sto guardando mio padre che alza la testa dopo il sonno sul tavolino.
Mio padre non ha più bocca a quest’ora e non ha più dormito
dal giorno della sua morte.”
Non ero felice, tornando a casa. Ero però meno infelice, meno solo. Erano secoli che non passavo una serata in compagnia di esseri umani, con amici e persone sconosciute, che condividevano sogni e angoscia, serenità e disperazione, tutto in un paio d’ore scandite dalla voce e dalle poesie antiche di Franco.
Una serata con Franco Arminio, ecco cosa.