Nel palazzo la chiamavano da sempre la strega. Nessuno l’aveva mai vista, neppure i condomini più anziani, né la storica portinaia Palmina che da più di trent’anni presidiava con piglio militaresco l’antico stabile. Si favoleggiava che la “strega” fosse pluricentenaria, che vivesse lì, all’ultimo piano, da sempre.
Di scala in scala, fiorivano le descrizioni più fantasiose, che avesse lunghi capelli bianchi arruffati come nidi di serpi, naso e mani adunchi, una gualdrappa nera a rivestire le membra ossute. Insomma, una befana.
Filippo, il bambino che abitava con i genitori proprio sotto l’appartamento della “strega”, si era sempre fatto tante domande. Moriva dalla voglia di vederla, Epifania, questo il buffo nome della signora del piano di sopra. Steso nel suo lettino, la sera, prestava ascolto con attenzione al minimo rumore, cercava di carpire ticchettii di passi, qualcosa che dimostrasse che lassù ci fosse una forma di vita… Niente. Sapeva però da Palmina che una volta alla settimana il ragazzo del supermercato lasciava davanti alla porta della vecchia signora, i sacchi della spesa. Il pomeriggio del 5 gennaio, nell’ora in cui venivano consegnate abitualmente le scorte, Filippo si nascose dietro l’enorme ficus sul pianerottolo. Avrebbe colto la strega sul fatto, mentre ritirava i sacchetti. Anche perché, ne era sicuro, lei era la Befana, quella che portava i regali di notte. L’appostamento durò pochi minuti. Dopo che il ragazzo ebbe suonato il campanello per avvertire della consegna avvenuta, la porta si aprì, appena quel tanto che bastava perché una manina piccola e sottile tirasse dentro la spesa. Il bambino, col fiato sospeso, si sporse appena per sbirciare la figura sulla soglia. Niente, la porta si era richiusa, senza alcun rumore. Deluso, il piccolo fece per scendere le scale e tornarsene a casa, quando una vocina alle sue spalle, lo fece sobbalzare: “Vieni, Filippo, entra”… La porta era di nuovo dischiusa, e Filippo, esitante e impaurito varcò la soglia. Dentro, seduta su un dondolo, una vecchina minuscola, con i capelli candidi raccolti in una crocchia sul capo. La pelle bianchissima percorsa da vene azzurrine sembrava di porcellana, come quella della bambola che la mamma teneva sul comò.
Epifania gli sorrise, e si portò l’indice alla bocca, come a dirgli che tra loro c’era un segreto da custodire. Poi si alzò dalla sedia e lo accompagnò alla porta, che si chiuse nuovamente senza alcun rumore. Filippo fece i gradini due a due, con il cuore che gli scoppiava. Forse non era la Befana, ma sicuramente non era una strega. Una fata, ecco, sì, era una fata. Visto che i piedi, quando si era alzata, non avevano toccato terra. Ma non lo avrebbe detto a nessuno. E anche se la Befana quella notte non fosse passata, non gli sarebbe importato nulla. Molto più importante il segreto tra lui e la signora Epifania. Anche se il nome era proprio buffo, pensò Filippo, raggomitolandosi sotto le coperte, dopo che la mamma gli ebbe dato il bacio della buona notte.